Abir, Giambellino (courtesy: Twenty14)

Identity: giovani milanesi dagli 11 ai 16 anni raccontano le loro periferie attraverso la fotografia

La mia prima macchina fotografica me la regalarono a sei anni. Era un modello quadrato, iper-compatto, identico a questo tranne che per il colore (il mio era rosso fuoco). Era poco più che un giocattolo, non funzionava col rullino ma con un disco, e gli scatti a disposizione erano appena 14, dopodiché dovevi togliere il disco, andare dai tuoi, pregarli di portarlo a stampare, aspettare più di una settimana e, quando finalmente andavano a prendere le foto sviluppate e con grande emozione aprivi la busta, scoprivi che più della metà erano venute malissimo.

A prescindere dal risultato, tuttavia, quello era il TUO mondo, che inconsapevolmente registravi e raccontavi attraverso lo strumento fotografico.
La “gabbia” dei 14 scatti, la lunga attesa, e il fatto che i genitori in un modo o nell’altro ti facevano capire che non era loro intenzione spendere una fortuna in dischi (o pellicole) né per svilupparli, s’insinuavano in maniera sottile ma potente nel modo in cui usavi quell’apparecchio. Anche se perlopiù non te ne accorgevi, ti trovavi a fare delle scelte: vale la pena? se dovessi fare una sola foto di tutto questo che vedo e che sento, quale farei?

Akram, Giambellino
(courtesy: Twenty14)

Le ho ancora tutte quelle immagini sgranate che sembrano provenire da 200 anni fa. Ci sono perlopiù gatti e alberi. C’è la visita a un museo. Ci sono le ragazzine che mi piacevano all’epoca. I regali di Natale. La vacanza a Londra. Qualche autoscatto davanti allo specchio. Il mio piccolo universo, i cui confini arrivavano fin dove arrivava la mia attenzione. Su quei rettangoli — che ormai il tempo ha scolorito — c’era la mia identità. Identità, che invece oggi è racchiusa negli strumenti ben più potenti che tutti quanti abbiamo in tasca, gli smartphone.

Paradossalmente, il costo zero e l’attesa inesistente tra lo scattare e il vederne il risultato non credo abbia facilitato l’uso della fotografia come espressione di sé nei bambini e nei ragazzini. Con la possibilità di scattare sempre e dovunque, l’importanza del singolo scatto ne esce diluita, appiattita su un fondale di infinite immagini sempre a portata di mano e senza alcuna gerarchia apparente.

Abir, Giambellino
(courtesy: Twenty14)

Senza l’intenzione di apparire un nostalgico passatista e antimoderno, penso che un rapporto più “fisico” con lo strumento fotografico possa essere importante in un momento di grande e faticosa ricerca di sé com’è quello della pre-adolescenza e dell’adolescenza. Usare la pellicola, dover scegliere, riflettere, aspettare: essere legati al tempo, e in questo modo valutarlo e rivalutarlo, significa anche valutare e rivalutare lo spazio, quello esterno come pure quello interiore. Per non parlare dell’importanza dell’errore, che la fotografia da smartphone ha praticamente eliminato, essendoci sempre un’altra possibilità.

Che mettere insieme fotografia analogica e ragazzini possa essere un’idea virtuosa e lo dimostra un progetto come Identity, che ha coinvolto giovani dagli 11 ai 16 anni di alcune periferie milanesi.
Ideato dalla fotografa Mara Palena e curato dalla galleria Twenty14 — fondata da Matilde Scaramellini ed Elena VaninettiIdentity si è sviluppato come una serie di laboratori prima nel quartiere Barona nelle zone Casoretto e Giambellino.

Ashley, Barona
(courtesy: Twenty14)

Con l’aiuto della cooperativa Spazio Aperto Servizi, che organizza doposcuola e attività di inclusione sociale a Milano e nell’hinterland, Mara, Matilde ed Elena hanno avvicinato i ragazzi alla fotografia e, grazie alla sponsorizzazione tecnica di Lomography, messo loro a disposizione una serie di macchine fotografiche, accompagnandoli (ma senza condizionarli) nella loro esplorazione e riappropriazione degli spazi in cui vivono.

Ma tempo, errore, spazio e identità sono parole chiave che rimandano anche un altro concetto fondamentale, quello di arte, che, quando sei giovane e vivi in situazioni sociali difficili o delicate, viene facilmente percepito come lontano anni luce e, quando arriva, lo fa in maniera distorta, filtrato da libri scolastici e prof. non sempre all’altezza.
Attraverso Identity, invece, chi ha partecipato ai laboratori è entrato a tutti gli effetti dentro agli ingranaggi del processo artistico, sia durante le esplorazioni fotografiche, sia nella produzione di una fanzine, che i ragazzi hanno prodotto selezionando ed editando loro stessi le immagini, consapevoli che sarebbero anche state esposte in una galleria d’arte.

Il risultato, a mio parere straordinario, credo parli da sé.
A chi potrà, consiglio di andare a vedere di persona. Il progetto verrà infatti presentato il 22 febbraio presso la Twenty14, in via Mangiagalli 5, a Milano.

Oltre alle foto (stampate grazie al supporto di Officinaotto) verrà messa in vendita la fanzine, tirata in 100 copie (grazie Fontegrafica).

Ginevra, Casoretto
(courtesy: Twenty14)
Elisa, Barona
(courtesy: Twenty14)
Rida, Giambellino
(courtesy: Twenty14)
Abir, Giambellino
(courtesy: Twenty14)
Akram, Giambellino
(courtesy: Twenty14)
Ramesha, Casoretto
(courtesy: Twenty14)
Jhoanna, Barona
(courtesy: Twenty14)
Ramesha, Casoretto
(courtesy: Twenty14)
Nada, Giambellino
(courtesy: Twenty14)
Elmo, Casoretto
(courtesy: Twenty14)
Mattia, Giambellino
(courtesy: Twenty14)
Mariam, Giambellino
(courtesy: Twenty14)
Abir, Giambellino
(courtesy: Twenty14)
Akram, Giambellino
(courtesy: Twenty14)
Anna, Giambellino
(courtesy: Twenty14)
Akram, Giambellino
(courtesy: Twenty14)
Nadia, Giambellino
(courtesy: Twenty14)
“Identity”
(courtesy: Twenty14)
“Identity”
(courtesy: Twenty14)
“Identity”
(courtesy: Twenty14)
“Identity”
(courtesy: Twenty14)
“Identity”
(courtesy: Twenty14)
“Identity”
(courtesy: Twenty14)
“Identity”
(courtesy: Twenty14)
“Identity”
(courtesy: Twenty14)
“Identity”
(courtesy: Twenty14)
“Identity”
(courtesy: Twenty14)
“Identity”
(courtesy: Twenty14)
“Identity”
(courtesy: Twenty14)
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