Quello dei tatuatori è un mondo che trascende le definizioni. Nello studio di un tatuatore arte e artigianalità convivono con storia, rito e tradizione, in un ambiente che deve sottostare a regolamenti da ambulatorio medico ma che è anche un atelier e talvolta si trasforma nel salottino di uno psicanalista.
«La sola professione interamente auto-regolamentata del mondo», la definisce la rivista TTTISM. «Che è anche quella in più rapida crescita e la più creativa». E a chi dovesse storcere il naso di fronte a quest’ultima affermazione, basti ricordare che ogni tatuatore è anche qualcos’altro: le storie di chi disegna sulla pelle sono piene di illustratori scopertisi tatuatori, tatuatori che hanno band, tatuatori che hanno cominciato con la scultura o alla scultura sono arrivati, fumettisti diventati, tatuatori che potrebbero essere maestri di calligrafia e lettering, in un intreccio di altre forme di espressione artistica che informano ciò che poi viene disegnato sulla pelle, e viceversa.
Una mostra dimostra ciò che ho appena detto: White Sheets, organizzata dalla giovane galleria romana Parione9 e curata dalla tatuatrice Federica Madonna, raccoglie infatti le opere di 47 artisti, italiani e non, tra i più grandi talenti in circolazione.
In esposizione 50 opere, tra disegni, illustrazioni, dipinti, incisioni, lettering.
Frutto di un anno di lavoro, la collettiva prova a mappare l’universo di stili, tecniche e soprattutto emozioni che c’è dietro all’opera dei tatuatori, che sulle tavole, sui fogli, sulle “lenzuola bianche” in mostra, esprimono — citando il testo che accompagna White Sheets, «il passaggio delle loro idee dalla mente al foglio, dal sogno alla realtà, dalle più intime ispirazioni alle perversioni più nascoste, per esporsi e aprirsi al pubblico».