Santi e demoni, cavalieri e streghe, dame e mostri marini, carte da gioco e simboli della cultura popolare: il portfolio di Elisa Seitzinger è la dimostrazione di come, nei meandri della psiche di una talentuosa illustratrice immersa nella contemporaneità, possa nascondersi (e convivere — credo — pacificamente) lo spirito di un incisore del Medioevo, timorato di Dio ma attratto dall’arcano.
«L’occhio non vede cose ma figure di cose che significano altre cose», scriveva Calvino ne Le città invisibili, parlando di Tamara, la città dei segni. Quella stessa frase, insieme a proverbi popolari e pensieri di Borges e Jodorowsky, la ritroviamo sul sito di Elisa, e funge da punto di riferimento per ritrovare la rotta dopo lo spietato assalto che le sue illustrazioni hanno mosso contro la nostra capacità di lettura delle immagini (siamo forse sempre meno abituati alle allegorie, e quando c’è un’artista che ha il talento e la potenza di ricordarcelo non può che farci bene).
La citazione di Calvino si adatta perfettamente anche ai Tarocchi, che dopotutto lo scrittore conosceva bene, avendoli notoriamente utilizzati per il suo romanzo del ’69 Il castello dei destini incrociati. Inventati — pare — nell’Italia del Medioevo, i Tarocchi sono figure di cose che significano altre cose. Non predicono il futuro, come sanno benissimo coloro che sanno leggerli o che se li sono fatti leggere, ma ti dicono chi sei, cosa stai facendo, come e perché lo stai facendo, implicitamente suggerendo le prossime mosse.
«I Tarocchi sono uno dei migliori strumenti GPS spirituali che abbiamo», scrive Pam Grossman, scrittrice, giornalista e strega, nel testo che accompagna Le Tarot de L’étoile Cachée, il mazzo di Arcani Maggiori che proprio Elisa Seitzinger ha realizzato per Sabat Magazine, rivista indipendente di stregoneria e di femminismo magico diretta dalla giornalista e scrittrice Elisabeth Krohn con la direzione creativa di Cleber de Campos, designer del premiatissimo studio Pentagram.
Quelli disegnati per Sabat sono i primi Arcani Maggiori mai creati da Elisa, che finora si era misurata solo con gli Arcani Minori. «Ma il mio vocabolario visivo è attratto dalla grammatica dei Tarocchi e sapevo che prima o poi sarebbe arrivato il momento di fronteggiare gli Arcani Maggiori», spiega l’artista, che per prima cosa ha scelto a quale mazzo tradizionale ispirarsi (ce ne sono infatti di molti tipi), puntando, dopo un’attenta scelta, sui Tarocchi di Marsiglia, usando come guida il celebre libro La via dei Tarocchi di Jodorowsky e studiando una a una le carte.
«Ho lavorato di sottrazione», dice Elisa, che ha aggiornato la simbologia dei soggetti rappresentati inserendo in maniera ironica e talvolta cinica elementi contemporanei che rispecchiano la “personalità” delle carte: guardando attentamente si possono vedere fucili, sigarette, simboli del wi-fi, smartphone alle prese con un selfie, architetture del ‘900. Ogni elemento ha un senso, non c’è alcunché di superfluo, come nelle storie scritte bene, e i Tarocchi raccontano appunto storie.