(courtesy Roberto Grassilli)

La realtà diminuita di Roberto “R:ob” Grassilli

A Rimini, c’è una curiosa mostra di disegno di Roberto “R:ob” Grassilli.
Realtà diminuita? Che diavolo è? L’ho intervistato per farmelo raccontare.

* * *

Ciao Roberto, presentati ai lettori di Frizzifrizzi. Chi sei? Da dove vieni? Cosa fai?

Sono un disegnatore a largo spettro, che nel tempo è stato anche infedele alla sua Musa preferita, ma poi ha sempre finito per tornare ai suoi piedi.

Negli anni ho indossato tante giacchette con le matite nel taschino: disegnatore-vignettista, disegnatore-illustratore, poi grafico, fumettista, eccetera. Senza giacchetta sono stato anche art-director, imprenditore, cantante… Persino taxista, guarda.
Ora cerco stabilità fra le braccia del mondo editoriale, tento di restare concentrato in un ruolo solo, massimo due. Sono stanco, dopo tanti anni di disegni, che nessuno si ricordi mai di me!

(courtesy Roberto Grassilli)

Tassista! Ma dai! Tu sei stato anche un pioniere di internet e dei social, hai voglia di raccontarci la tua esperienza?

Internet è stato il mio lavoro negli anni del boom della new economy, 1996-2004. Assieme al mio amico, poi socio, Gianluca Neri ci siamo accorti di qualcosa di enorme che stava arrivando. Eravamo nella redazione del settimanale satirico Cuore e reagimmo all’unisono, incuriositi e meravigliati per questo immenso territorio che si stava spalancando davanti a noi.

Ci inventammo una prima idea di community che doveva raccogliere su quella Rete primitiva le persone in cerca di un approccio “umano e divertente”, cioè il contrario del web di allora, tutto in mano a tecnici e programmatori. Mettemmo online clarence.com, che all’inizio fu poco più che un gioco, un passatempo, ma nel 2001 era diventato un portale fra i più visitati in Italia, associato a una grossa web-company svedese. Negli uffici in centro a Milano arrivammo ad avere più di 60 dipendenti, regolarmente assunti. In quegli anni divertenti e folli ho disegnato, ma troppo poco. C’erano sempre riunioni con avvocati, eventi a cui andare, emergenze nei server, polizia postale che ti svegliava di notte. Quando la bolla scoppiò tornai alle mie penne e inchiostri, per fortuna senza ossa rotte, come purtroppo capitò invece ad altri “pionieri” come noi.

(courtesy Roberto Grassilli)

E adesso? Che rapporto hai con i social?

Direi buono, senza esagerare. Sono dentro da sempre in questo mondo e le evoluzioni della rete, dai forum che hanno portato fino ai video di Instagram appena varati, le ho seguite senza particolari scossoni.
Li uso in tutte le loro accezioni: micro-socialità surrogata, vetrina per il mio lavoro, cartoline per affetti lontani nel tempo e nello spazio, esibizionismo connaturato al mio ruolo di creativo. Anche una piccola quota di voyeurismo non mi dispiace. E la velocità di una chat, usata per lavoro, o l’efficacia di una pagina evento per invitare amici a una mostra trovo che siano al momento imbattibili. I social intesi come stories, che potremmo definire la loro punta avanzata, sono divertenti, ma molto impegnativi. Se ci investi per costruire un tuo personaggio “social” devi sempre pensare se ne vale la pena, anche solo per il tempo che ti richiede.

(courtesy Roberto Grassilli)

Parliamo della tua mostra. Com’è che mentre tutti parlano di realtà aumentata, tu hai pensato di diminuirla?

È una posizione un po’ ironica, eccentrica se vuoi. Dico che la realtà si prende troppo sul serio, spesso è tragica e luttuosa. Quindi dico: non basta quella che c’è, bisogna anche aumentarla? Perché invece non diminuire la pretesa di sensatezza e giocare un po’ al vecchio gioco “non credere a tutto quel che vedi con i tuoi occhi”?

Con mezzi poveri, carta, matite e poco altro, parto da un punto di vista domestico e cerco se dentro c’è qualcos’altro, con la semplice aggiunta di un pezzetto di carta. Magia delle magie: qualcosa si trova sempre. Ed ecco che quella presuntuosa della Realtà deve darsi una calmata, abbassare la cresta, non pretendere più di spiegare tutto. È una battuta o poco più, lo so. Ma è un bel gioco.

(courtesy Roberto Grassilli)

So che tu hai una visione precisa ed etica delle cose. Cosa pensi manchi, in questo senso, ai social o ai consumatori dei social, per essere più etici?

Io sono d’accordo con chi dice che nei social c’è esattamente tutto quello che c’è nel mondo fisico, ne è una proiezione. Se da una parte non escludo che si possa rendere più sanzionabile il comportamento di chi usa la rete per bullizzare, aggredire, offendere, dall’altra mi sento un po’ darwiniano: solamente l’evoluzione collettiva di chi la usa, che impara e insegna mentre lo fa, può migliorarla o peggiorarla. Se vuoi, più banalmente: se non riparte una pedagogia della convivenza civile, nel mondo reale intendo, non si può chiedere a regolamenti o leggi di sistemare quello che nei social non funziona.

(courtesy Roberto Grassilli)

Venderesti la tua realtà diminuita a Google per farne una delle loro app?
Una cosa tipo i Rob Glasses?

Assieme a un appartamento dentro a Disneyland, un duetto con Paul Mc Cartney o una vacanza con i Monty Python, è il mio sogno più grande!

* * *

Se volete vedere la mostra Realtà diminuita di R:ob sarà esposta fino al 14 luglio nel Reedo Lab di via Bertola 86, a Rimini.
Tutti i giorni dalle 10 alle 13 e dalle 16,30 alle 19,30, tranne domenica e lunedì.
La mostra è parte del CircuitoOpen della Biennale Disegno Rimini.

(courtesy Roberto Grassilli)
(courtesy Roberto Grassilli)
(courtesy Roberto Grassilli)
(courtesy Roberto Grassilli)
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(courtesy Roberto Grassilli)
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