In quanto luogo di relax, tempio dedicato al tempo libero, piccolo laboratorio di botanica, gabbia in cui si cerca di confinare una versione simbolica della natura in un ambiente domestico, specchio della vita di una famiglia e, per estensione, di una società e una cultura, il giardino è da sempre uno dei soggetti preferiti dai fotografi e ha accompagnato tutta la storia della fotografia, dai primi esperimenti di inizio ‘800 a oggi (ma anche quella del cinema: il secondo cortometraggio mai prodotto era ambientato in un giardino).
Molti dei pionieri della fotografia erano anche naturalisti, appassionati di giardinaggio e botanica: William Fox Talbot, l’inventore della calotipia, Anna Atkins, considerata la prima a pubblicare un libro fotografico, Julia Margaret Cameron coi suoi ritratti, spesso ambientati nei giardini.
Martin Parr, che di giardini ne ha fotografati molti (alcuni sono nel suo libro del ’99, Flowers, e molto più recentemente è andato a fare foto in una fiera di giardinaggio di Chelsea) sostiene che il giardino sia «uno di quei soggetti che tutti i fotografi sono tentati di provare durante la loro carriera».
La conferma arriva da un libro, The Photographer in the Garden, pubblicato da aperture e curato da Jamie M. Allen, del George Eastman Museum (che ha co-prodotto l’opera), e da Sarah Anne McNear, studiosa di fotografia e scrittrice.

(fonte: aperture.org)
In 256 pagine il volume (che si può acquistare pure su Amazon) traccia un itinerario attraverso le più rappresentative immagini che hanno come soggetto il giardino nella fotografia del XIX e del XX secolo.
Dagli scatti realizzati con intento scientifico-naturalistico ai reportage, dalle nature morte all’analisi antropologica, il libro mette assieme artisti come la già citata Anna Atkins, Karl Blossfeldt, Eugène Atget, Edward Steichen, Imogen Cunningham, Stephen Shore, Robert Mapplethorpe e Nobuyoshi Araki.

(fonte: aperture.org)

(fonte: aperture.org)

(fonte: aperture.org)

(fonte: aperture.org)

(fonte: aperture.org)