Nella società islamica e nella cultura araba il suq (o suk) è il tipico mercato in cui artigiani e commercianti vendono e scambiano merci e servizi. Crocevia di persone e storie, luoghi pieni di odori, colori, suoni, meraviglie, i suq, pur nella loro centralità per la vita quotidiana degli abitanti di una città, erano e sono solitamente relegati nelle periferie per via del rumore e degli odori (per estensione, si usa definire un suq, in senso dispregiativo, un luogo caotico).
Meraviglie, storie e de-centralità sono anche le chiavi di lettura di una nuova realtà editoriale dedicata alla Sicilia, realtà che non a caso si chiama Suq.
«Vogliamo evitare la centralità e il protagonismo convenzionale cercando l’esperienza alternativa come nel mercato di periferia delle antiche città arabe, lontano dal lusso e dal lustro delle piazze centrali», scrive Francesco Cusumano, editore e direttore creativo di Suq, nell’editoriale che apre il numero zero, vero e proprio “pilota” di un progetto che della rivista ha l’aspetto ma che funziona più come un oggetto ibrido dall’anima cangiante, che può essere considerato come un magazine ma anche un taccuino di viaggio, un photobook e una guida a una Sicilia inaspettata.
Tra splendide fotografie, mappe, resoconti di esplorazioni, storie personali, parentesi botaniche, piccoli inserti narrativi che aprono ulteriori e nuove visuali, persino ricette che sembrano poesie, Suq n.0 è un pastoso amalgama di parole e immagini e itinerari che fanno venire voglia di partire immediatamente. Di partire o di tornare — perché posso solo immaginare il canto irresistibile della nostalgia chiamare e chiamare i tanti che dalla Sicilia sono andati a vivere altrove, magari a migliaia di chilometri.
Cusumano, insieme a Francesco Blancato (coordinatore e responsabile commerciale), Antonella Salamone (caporedattrice a autrice), Alessandra Lucca (fotografa e autrice), Angelo Fruciano (fotografo e videomaker), Luca Di Giacomo (ricerca e individuazione del patrimonio) e Gianfranco Adamo (responsabile per il digital), hanno confezionato — come si confeziona un abito, scegliendo i tessuti giusti, prendendo bene le misure, seguendo un immaginario forte — un prodotto che rende giustizia alla carta su cui è stampato, e che alla carta — lì dove il ritmo e il passo è il contenuto a dettarli, non viceversa — si sposa perfettamente.
Sono molte e differenti le storie e le sezioni di Suq, che assieme offrono però una visione inedita di un’isola della quale siamo invece abituati a vedere solo alcune prospettive, sempre le stesse.
Nascosta tra le pagine della rivista c’è una Sicilia che sembra l’Islanda, un’altra che pare il Sud America, o un paesaggio post-industriale, o un villaggio della Francia del Sud, l’antico Egitto, una passeggiata alpina.
Soffia un vento, dentro a Suq. Cominci a sentirlo già dalle prime pagine e ti accompagna fino alla fine, portando con sé odori sia familiari che esotici, echi di suoni che arrivano da lontano o magari da dietro l’angolo.
Come in un Suq, appunto.