Si possono scrivere tante, tante banalità sull’eterno dualismo tra chi è un uomo o una donna “da gatto” e chi invece è un uomo o una donna “da cane”, e la rete è piena di liste con le caratteristiche di chi appartiene all’una o all’altra categoria.
Io sono un uomo da gatto, e probabilmente lo si intuisce anche se non posto foto di gatti su Facebook. Ho sempre e soltanto avuto gatti, e anche se ora tecnicamente un gatto non ce l’ho, sul balcone della mia vicina ce n’è uno che mi fissa mentre scrivo e che probabilmente sta cercando di comunicarmi qualcosa del tipo «non scrivere le solite cazzate sui gatti».
Visto che ho deciso di accontentarlo, scelgo di dirne solo una di banalità, che tra l’altro indirettamente mi ha suggerito lui, il gatto della vicina (credo sia una gatta ma in questo momento di intensa comunità spirituale tra me e il felino, lo considero come una sorta di archetipo del gatto, un Gatto in rappresentanza di tutti i gatti che sono, sono stati, e saranno), e cioè che i tipi da cane sono più evidenti, e lo sono semplicemente perché li vedi, perché il cane lo portano a spasso, perché lo tengono in giardino, perché hanno il cartello appiccicato sulla porta, perché lo fanno scagazzare davanti al tuo cancello, mentre che la mia vicina fosse una tipa da gatto l’ho saputo solo dopo aver visto lui — il Gatto — e tra l’altro vedere gatti sulle finestre e nei cortili non ti assicura automaticamente che il micio abiti lì, perché loro, se possono, vanno in giro, adottano altri posti, vanno a dormire sul cofano delle auto degli sconosciuti, zampettano nei giardini di chi gli sta simpatico.
Prima dell’invasione di micetti, miciolini e gattoni vomitati nel flusso senza fine dei social network dai loro orgogliosi padroni, per sapere se qualcuno fosse un tipo da gatto oppure no dovevi andare a casa sua oppure, nel caso di personaggi pubblici più o meno famosi, sperare che pubblicasse un libro sui gatti (tipo Burroughs o Warhol), disegnasse un fumetto sui gatti (come Giacomo Nanni) o sugli elefanti (vedi Bachelet), o ancora augurarti che manager, editori o agenti li convincessero a farsi fotografare col micio (ma ora vanno di moda gli agnellini).
Per questo — i già citati Burroughs e Warhol a parte — forse non tutti conoscono il lato-gatto degli uomini di cultura, arte, scienza e politica raccolti in questo libro illustrato dall’artista americano Sam Kalda e intitolato Of Cats and Men: History’s Great Cat-loving Artists, Writers, Thinkers and Statesmen.
Dagli antichi egizi ad Ai Weiwei, passando per Newton, Mark Twain, Nikola Tesla, Churchill, Klee, Raymond Chandler, Hemingway, Bukowski, Brando, Lagerfeld, Freddie Mercury e Haruki Murakami, Kalda racconta in 112 pagine, attraverso brevi testi, citazioni e ritratti, l’influsso dei mici nella vita (e spesso nelle opere) di alcuni tra i più importanti uomini della storia.
P.S.
Ciao Gatto, grazie della dritta, e visto che sei qui in rappresentanza di tutti i tuoi simili, salutami Otto, che ora vive coi miei, e tutti quelli che mi conoscono non ci sono più: Nerina, Camilla, Chicco, Chicca, Birillo, Birillo II, l’altro Chicco e i tanti figli senza nome di Nerina e Camilla che abbiamo regalato.