(foto: Frizzifrizzi)

Il Bestiario Criptozoologico Lacustre è finalmente in vendita

La scorsa estate, in pieno luglio, mentre i laghi di tutta Italia cominciavano a riempirsi di gente in ciabatte con l’asciugamano, la crema solare e gli occhiali da sole, un piccolo lago — minuscolo ma lago all’ennesima potenza visto che si chiama lago di Lago — ha iniziato a popolarsi di strane creature: alcune di esse erano semplicemente appassionati di cinema, cortometraggi e animazione, arrivati lì per il Lago Film Fest, altre invece avevano code, arti in sovrappiù, bocche enormi, strane abitudini alimentari, tra cui magari papparsi gli appassionati di cui sopra, e uscivano dalle lagose acque del lago di Lago — se e quando ne avevano voglia, ma abbastanza da essere state avvistate da bambini e artisti.

Quegli avvistamenti sono poi diventati un vero e proprio bestiario, più precisamente il Bestiario Criptozoologico Lacustre di cui parlai in anteprima in quegli stessi giorni.
Ideato e realizzato da Francesco Croce e Sara Pellegrino, con il supporto di Morena Faverin e un gruppo di bambini, il libro raccoglie 63 creature, ciascuna ritratta da un illustratore differente.

Dopo esser stato stampato e venduto a pochi fortunati, ora finalmente il bestiario si può acquistare online.
Qua sotto puoi vederne alcune immagini, accompagnate dalla mia piccola prefazione scritta appositamente per il libro.

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(foto: Frizzifrizzi)
(foto: Frizzifrizzi)

Spuntavano dalle antiche incisioni e s’affacciavano, quasi blasfemi, nelle arzigogolate decorazioni dei miniatores, dominavano i mari e le terre lontane sulle mappe dell’Ecumene.

Gli animali che oggi chiamiamo fantastici hanno coabitato per secoli, nella letteratura, nell’arte e nella scienza, gomito a gomito con quelli che oggi chiamiamo reali. Nelle fiabe e nelle cosmogonie, nelle leggende e nelle wunderkammer dei collezionisti: un bestiario era un bestiario, punto.
Un orso poteva essere tanto allegorico quanto un Pesce dei Terremoti giapponese e l’unghiata di un ippogrifo tanto letale quanto quella di una tigre.

Poi un giorno — vabbè non proprio un giorno, così, di punto in bianco, ma da quaggiù, alla fine della linea temporale, sul baratro tra presente e futuro, che a guardar giù viene il mal di testa, la prospettiva per forza si appiattisce.
Un giorno, dicevo, stop, tutto finito.

(foto: Frizzifrizzi)
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Alzano un muro, alto da non riuscir quasi a vederne la fine, e fatto di solidi mattoni di rigida impermeabile, inscalfibile scienza.
Di là dal muro, manco a dirlo, c’è sempre l’altro, quel che non convince fino in fondo, quel che non si può ridurre alle proprie leggi e alle proprie logiche.
«Tu, elefante, puoi star di qua, tu sirena, vedi di alzare i tacchi»
(Proprio così le ha detto: i tacchi! Alla sirena).

Da quel giorno, uno a uno, hanno cominciato a buttarli fuori tutti. Fuori dai libri di zoologia, fuori dalle mappe, dai diari di viaggio, dai bestiari seri. Hanno tolto loro qualsiasi diritto, persino la dignità di essere oggetto di studio e di esotiche esplorazioni, confinandoli in quella pseudoscienza chiamata criptologia — dove cripto- e pseudo- dicono già tutto su quanto le prendiamo sul serio — o, peggio ancora, nella famigerata fantasia.

Alla frontiera sono tutti severi. Quel che un tempo dominava orgogliosamente i mari e gli incubi dei navigatori, viene rispedito nel suo criptozoo.
«Lei è un kraken, non può nemmeno sognarsi di passare!». E quello, tentacolosamente gorgogliando e spruzzando se ne torna mogio mogio tra unicorni e basilischi, tra manticore e centauri, yeti, ircocervi, hodag, hugag, snallygaster.

(foto: Frizzifrizzi)
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Qualcuno, di tanto in tanto, soprattutto dagli abissi più profondi o dalle giungle più fitte, pescetti gommosetti o insetti sgambettanti, riesce comunque a passare ed entrare nei manuali.

Qualcun altro usa il trucchetto di assumere un nome falso e rigare dritto, tipo il catoblepa, che ha lasciato di là dal muro il suo alito velenoso e vive tranquillo nei libri di zoologia sotto alla voce gnu.

Tutti gli altri possono sperare soltanto nei più grandi contrabbandieri che si siano mai visti sulla faccia della terra: i bambini, i matti, i visionari, gli scrittori, gli artisti. Ai quali bastano un foglio e una matita, talvolta pure un muro, talaltra neanche quello, per far passare oltre confine davvero di tutto.
Che, anzi, il confine proprio non lo vedono (qualsiasi confine, pure quelli che di punto in bianco vengono in mente a burocrati, uomini di scienza o di religione, economisti, dittatori, imperatori, cancellieri — quelli poi, ce l’hanno proprio nel sangue, nomen homen —, sindaci, segretari della Lega). O, se lo vedono, saggiamente scelgono di ignorarlo.

(foto: Frizzifrizzi)
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Negli ultimi anni, a parte i bambini (i migliori in assoluto, anche se di solito, dopo qualche anno, non si sa come e non si sa perché, cominciano a far molta fatica a sbrigarsela con le creature di fantasia), sono stati gli illustratori i più coraggiosi tra i contrabbandieri. Assieme a un grande ritorno dell’estetica e dello spirito secentesco di catalogazione del mondo, erbari e bestiari sono tornati di gran voga.

Ho visto uscire bestiari accidentali (Guido Scarabottolo), bestiari segreti (Giovanna Zoboli e Francesca Bazzurro), portatili (Lucia Scudieri e Andrea Sottile), acquatici (Rambharos Jah), mirabolanti (Castán e Murugarren), persino bestiari del lavoro (Alessandro Ripane).

E sono contagiosi, poi, libri del genere. Perché una volta che riesci a immaginarne uno, di animale fantastico, è come sbirciare oltre a quel muro alto alto in barba al doganiere. Cominci a vederne un altro e un altro ancora. E ti ritrovi in un baleno a inventarne un tipo sconosciuto, mai visto né udito da anima viva.
Ma come potranno spiegarti i suddetti scrittori matti visionari artisti, probabilmente i soli ad aver davvero capito tutta quella storia del logos: se ha un nome, se puoi immaginarlo e descriverlo, allora esiste.

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