Above the sea level: un nuovo magazine sul vino che parla anche di design, di arte, di cibo e di luoghi

Parlare di vino scavalcando il recinto riservato agli addetti ai lavori non significa soltanto (ed è già un’impresa) abbandonare il linguaggio per soli iniziati che adoperano sommelier e assaggiatori. Significa anche rendere appetibile a un pubblico di appassionati-ma-non-tecnici tutta la complessità racchiusa in un bicchiere o in una bottiglia, e cioè il territorio, le sue storie, i suoi sapori, le uve utilizzate, le tecnologie adoperate in cantina, le vere e proprie filosofie di produzione, persino il lavoro che c’è dietro a un’etichetta.

E se online c’è un bel fermento, su carta il panorama è quello desertico dei film western americani, coi rotolacampo che, appunto, rotolano da un lato all’altro dell’inquadratura.
Mentre le guide si danno battaglia, le testate si lanciano frecciatine e i critici s’azzuffano e passano molto tempo a demolire l’uno il lavoro dell’altro, la domanda è: c’è spazio per una rivista sul vino “diversa”? E con ciò intendo: lontana dai soliti cliché, linguistici ma anche estetici (le mani al lavoro in vigna, calici, calici e ancora calici, impugnati, appoggiati, volanti, col solito rosso che fa l’onda dentro al bicchiere). C’è spazio per una rivista sul vino che sia un po’ più simile a un “design magazine”?

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Dopotutto ci sono riviste sugli animali che sembrano riviste d’arte, riviste di filosofia che sembrano riviste d’arte, persino riviste di annunci di lavoro che sembrano riviste d’arte (giuro, lo fanno in Francia).
Eppure per il vino, non dico a livello italiano, in cui l’editoria periodica è moribonda, ma anche a livello internazionale, da questo punto di vista, c’è ben poco: ci sono gli inglesi di Noble Rot, che fanno un ottimo lavoro; ci sono gli australiani di Alquimie, che però non è specializzato in vino bensì sui drink in generale, che pure fa un ottimo lavoro; e poi, almeno che io sappia, l’editoria indipendente a tema enologico si ferma qua.

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Anzi, si fermava qua, perché ora c’è Above the sea level, nuova rivista inglese fondata da Aimee Hartley, già collaboratrice delle succitate Noble Rot e Alquimie.
In uscita ogni sei mesi, il magazine gira attorno al vino passando per vie spesso poco battute — come ad esempio il design, l’architettura, l’arte, il reportage naturalistico — e pubblica numeri monografici su un territorio specifico, puntando moltissimo sulla fotografia (e in parte anche sull’illustrazione) e sul dialogo che questa stabilisce con i testi, grazie a un progetto grafico impeccabile.

Il primo numero numero è interamente dedicato alla California, e si parla di nebbia, di tramonti e di colline; si ironizza sul suddetto linguaggio iniziatico degli addetti ai lavori; si raccontano le avventure dei cacciatori di orecchie di mare; ci si sofferma sul ruolo delle piscine nella psiche dei californiani; ci si dilunga a discorrere di etichette (accompagnando il pezzo con una splendida serie di foto still life); si mostra l’architettura di alcune cantine; si snocciolano gli effetti che hanno i vari materiali sul carattere di un vino…
In pratica ciò che ogni curioso che ha anche la passione per il vino, vorrebbe.

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