Il panorama delle riviste indipendenti è quello che negli ultimi dieci/quindici anni ha contribuito probabilmente più di qualsiasi altro settore dell’editoria alla sperimentazione di nuovi linguaggi e progetti grafici, all’introduzione di strategie commerciali intelligenti, al ritorno in gran spolvero del cosiddetto long form journalism, e ha beneficiato di possibilità di finanziamento dal basso come le piattaforme di crowdfunding.
Tutto questo fermento, però, ha anche evidenziato alcune piccole/grandi contraddizioni, messo in risalto fastidiosi snobismi, creato vere e proprie mode (vedi i tantissimi “figli illegittimi” di riviste di riferimento come Monocle o Apartamento).
Sul tema aveva già ironizzato più di un anno fa Gym Class Magazine (rivista indipendente a sua volta dedicata al mondo delle riviste indipendenti, che recentemente ha cessato l’attività) con un messaggio, stampato addirittura in copertina, che provocatoriamente recitava: «Nobody cares about your oh-so-cool kickstarted tactile minimalist unoriginal magazine».
Sullo stesso tono arriva questa lista pubblicata sull’ultimo numero di Mushpit — altro magazine indipendente — che coglie alla perfezione quelli che sono i “peccatucci”, gli stilemi, le incoerenze dell’editoria periodica di nicchia.