Harwell Dekatron (1951) © Docubyte & INK

La storia dei primi computer raccontata da una serie di foto

Abituati a vederli in vecchie foto in bianco e nero, circondati da altre apparecchiature degne di un vecchio film di fantascienza e da scienziati o tecnici con capelli assurdi e abbigliamento discutibile, sembra quasi non riconoscerli questi magnifici, mastodontici esemplari di cervelloni elettronici che hanno fatto la storia dell’informatica e che sono ormai gli antenati degli smartcosi che teniamo in tasca o in borsa tutto il giorno.

Il fatto è che se il cosiddetto retrocomputing è ormai un feticcio condiviso—soprattutto da quelli nati negli anni ’70 e ’80, che riempiono Tumblr e pagine Facebook e blog di cose del genere—finora nessuno si era preso la briga di andare a prendersi ad esempio un Endim 2000, prodotto nella ex-gloriosa DDR, o un IBM 729 a nastri magnetici, per poi fotografarli sotto una nuova luce, andando ad attingere finalmente a un’estetica contemporanea, senza indugiare nella nostalgia, nelle tonalità pallidine e desaturate, nei filtri stile Instagram.

Frutto della collaborazione tra il fotografo inglese James Ball—in arte Docubyte—e lo studio creativo INK, che ha lavorato al foto-ritocco, andando a “restaurare” in digitale ogni pezzo, la serie Guide to Computing mostra 10 gioielli del passato che, ritratti semplicemente da una prospettiva frontale su sfondi colorati (una novità per diversi dei modelli rappresentati visto che alcuni di essi sono precedenti alla stampa fotografica a colori), si rivelano in tutta la loro imponente elettro-maestosità (e che splendidi pezzi di design erano!).

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co-fondatore e direttore
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