Ad alcuni non basta una vita per riuscire a scoprire il proprio vero talento o la passione capace di dare un senso all’esistenza. Altri, più fortunati, prima o poi ci arrivano, spesso per caso. A volte però non è il caso a venirti incontro ma sei tu a dover andare incontro a lui.
Esattamente quel che è successo ad Allan Amato, che oggi ha 40 anni, una carriera di successo nel campo della fotografia (se ami i romanzi o i fumetti di autori come Chuck Pahlaniuk, Neil Gaiman o Grant Morrison è possibile che tu abbia già visto, senza saperlo, le sue foto), un libro appena uscito e un documentario attualmente in lavorazione, co-prodotto nientepopodimenoché da Neil Gaiman.

Fino a qualche anno fa, però, Amato non sapeva neanche di voler—e poter—fare il fotografo.
Nei primi anni 2000, infatti, faceva il pubblicitario, finché non decise di prendersi una pausa, staccare completamente dal suo lavoro e andarsene a New Orleans a fare il barista. Proprio lì, nella città del jazz, il caso gli è arrivato addosso con la forza di un ciclone o, meglio, di un uragano, l’uragano Katrina, che nel 2005 devastò parte della zona del Golfo degli Stati Uniti e in particolare proprio New Orleans (sei hai visto la serie tv Treme sai di che parlo).
Scampare a quella catastrofe diede ad Amato modo di pensare al senso della vita e alla sua fugacità. E fu in quel momento che decise di investire gli anni a venire nel realizzare i suoi desideri e di tentare il tutto per tutto per diventare fotografo.

Fu a quel punto se ne andò a Los Angeles dove, grazie a un paio di amici, cominciò a lavorare con band della scena locale e personaggi famosi di ogni tipo, in special modo scrittori e fumettisti, specializzandosi nei ritratti.
Tre anni fa, poi, di nuovo lo zampino del caso: dopo aver immortalato il fumettista David Mack, Amato decise di fotoscioppare la foto aggiungendo elementi che per il fotografo rappresentavano l’immaginario di Mack. A sua volta l’artista decise di aggiungere un po’ del suo stile di disegno al ritratto in una sorta di mini-photoshop tennis (così si chiama la pratica di “rimbalzarsi” un’opera da un artista all’altro, ciascuno aggiungendo elementi).

Da lì l’idea ha preso il largo e il fotografo ha coinvolto un totale di 52 artisti—tra cui Dave McKean, Grant Morrison, Jon Burgerman, Bill Sienkiewicz…—realizzando Temple of art, un libro di oltre 200 pagine pieno di ritratti scattati da Amato modificati dai rispettivi soggetti, ciascuno anche alle prese con un testo di accompagnamento all’immagine in cui raccontare il processo creativo, le proprie abitudini, il senso di fare arte, il senso della vita in generale.
E dal senso della vita e dell’arte—o, meglio, dal domandone “perché fai arte?”—è nato anche il documentario a cui accennavo in apertura, che porta lo stesso titolo del libro, attualmente è fase di produzione e che vedrà come protagonisti, anche in questo caso, oltre 50 tra artisti visivi e scrittori.
