C’è una foto dei primi anni duemila in cui ci sono io con una brutta camicia hawaiana, quindici chili in più, degli occhialini alla Neo di Matrix e un paio di baffetti da pappone portoricano. Nella foto ho in mano una mucca. O meglio un peluche con le sembianze di una mucca che, sempre nella foto, sono intento a seviziare con un grosso vibratore dorato dopo aver opportunamente scucito la povera vacca all’altezza del sedere.
Il vibratore, che per fortuna non venne mai utilizzato su esseri viventi—né bovini, né suini, né umani—lo comprai in un sexy shop di Riccione qualche giorno prima, durante uno di quei viaggi assurdi che si fanno con gli amici la domenica pomeriggio.
Il negozio era di quelli vecchia scuola, scuro e “criptato”, con una clientela prevalentemente maschile e piuttosto equivoca, tra cui noi e altri ragazzotti come noi in vena di risate e con pochi soldi in tasca per portarsi a casa qualche gadget per svoltare la serata.
All’epoca il mondo dei sexy shop era così, e lo è rimasto per tanto tempo nonostante l’esplosione del mercato dei sex toys sul web. Ora le cose stanno pian piano cambiando. Ci sono toys belli come un oggetto di design, toys (seppur pochi) realizzati con materiali di qualità e negozi—online e non—che provano a normalizzare la situazione, a tirarla fuori dall’associazione immediata con termini come “perversione”, “squallore”, “estremo”.
Uno di questi negozi è una bella realtà tutta italiana che si chiama Ohhh, fondato non molto tempo fa da una normalissima coppia di emiliani, Enrico ed Elena. Enrico ha 45 anni ed Elena, che ho intervistato, ne ha 34. Assieme hanno quattro figli. E tanta voglia di raccontare perché un sex toy, in realtà, è soltanto un giocattolo.
Elena, ti va di raccontarmi com’è nato Ohhh?
Ufficialmente Ohhh è online da novembre dell’anno scorso ma l’attività vera e propria è cominciata a maggio di quest’anno.
L’idea è nata quando Enrico, il mio compagno e socio, circa un anno e mezzo fa è tornato a casa con un “gioco”, un sex toy, acquistato sul primo sito che ha trovato. Lui era convintissimo che quel mega-fallo mi sarebbe piaciuto ma in realtà non è andata così. Non l’abbiamo mai usato e lui ci è rimasto piuttosto male. Ma invece di lasciar perdere lì, lui ha continuato a comprare giochi del genere, cambiando siti, cercando di aggiustare il tiro.
Lui continuava a comprare sex toys che non mi piacevano finché gli ho fatto capire che quelle cose magari stuzzicavano la sua fantasia ma non la mia.
Finché?
Finché non gli ho detto chiaro e tondo: «ma ti rendi conto di che schifezza di robe che stai comprando?».
Oltretutto rispetto a quel che promettevano certi siti, quel che poi arrivava a casa era davvero deludente, packaging compreso.
Quindi gli ho fatto capire che quelle cose magari stuzzicavano la sua, di fantasia, ma non è detto che potessero poi stuzzicare pure la mia.
E da tutta questa serie di acquisti sbagliati siete arrivati ad aprire il sito?
No, però una sera, a cena, stavamo facendo uno di quei soliti discorsi… sai quelli del tipo «perché non apriamo una tigelleria in Messico?». Ed Enrico se ne è uscito fuori con «perché invece non facciamo un sexy shop fatto come dici tu, visto che ti fanno tutti schifo quelli che ci sono?». È partito così.
“Perché non apriamo un tigelleria in Messico?”, si diceva.
“Perché invece non facciamo un sexy shop come dici tu?”, ha detto Enrico.
A quel punto immagino che abbiate fatto tanta ricerca.
Sì, a quel punto siamo entrati nella fase di studio. Ci guardavamo intorno non più con l’ottica del cliente ma dell’imprenditore.
Abbiamo cominciato ad analizzare il mercato, soprattutto per ciò che riguarda il pubblico femminile, cosa molto complicata visto che ci sono pochi dati.
È un settore “nebuloso”?
Moltissimo. In Italia è un mercato che ufficialmente non viene neanche preso in considerazione. Ci sono forse centinaia di sexy shop online, qualche negozio perlopiù squallidissimo, ed è spesso tutto relegato a un mondo “sporco”, associato alla perversione.
All’estero invece ci sono un po’ più di dati e di studi fatti. E abbiamo visto che l’Italia, assieme alla Grecia e al Portogallo, è tra i paesi con meno acquisti di sex toys.
Italia, Grecia e Portogallo sono tra i paesi con meno acquisti di sex toys.
Siamo PIGS pure lì!
Sì, mentre Stati Uniti, Germania, Regno Unito e Nord Europa, come ci si aspetterebbe, hanno tassi anche oltre quattro volte più alti.
Sarà in parte dovuto alla nostra morale cattolica.
Sicuramente. E infatti molti sexy shop, qui in Italia, giocano proprio sull’immagine del proibito. E non fanno nulla per tentare di rendere la cosa in qualche modo più normale, senza che ci sia per forza dietro del peccato o della perversione.
Il settore è dominato dagli uomini, che inventano, producono, commercializzano e fanno marketing.
Prima hai detto che avete analizzato principalmente il pubblico femminile. Come mai?
Perché, vista anche la nostra esperienza personale, la mia idea era proprio quella di rivolgermi soprattutto a quel tipo di pubblico, partendo dal presupposto che quasi tutto quel che c’è in giro in questo settore è ideato da uomini, prodotto da uomini, commercializzato da uomini, con un marketing da uomini.
Tra l’altro abbiamo pure scoperto—cosa che ci affascina e ci inquieta allo stesso tempo—che quello dei sex toys è un settore che anche a livello internazionale è quasi completamente deregolamentato, nonostante muova qualcosa come 15 miliardi di dollari.
In che senso deregolamentato?
Nel senso che se vai al supermercato e compri una bottiglia d’acqua c’è scritta la provenienza dell’acqua, dov’è stata imbottigliata… Se compri un porta-abiti ci sono le avvertenze tipo “non metterlo intorno al collo”. E invece per i sex toys…
Sul vostro sito ho letto della questione degli ftalati. Ti va di spiegarla?
In Europa è fatto divieto per tutti i giocattoli per bambini di utilizzare ftalati, che sono sostanzialmente dei composti che servono a rendere la gomma più morbida ed elastica. Essendo pericolosi per l’organismo, questi ftalati sono vietati perché i giochi possono entrare in contatto con le mucose dei bambini.
Per i sex toys, però, questo divieto non c’è. E non solo in Italia… Ben sapendo che sono “giocattoli” che finiscono in tante parti del corpo, a contatto con mucose.
E poi c’è la quasi totale mancanza di istruzioni.
Neanche in quelli più tecnologici?
È raro che ci siano.
Voi come fate a sceglierli i prodotti che poi vendete su Ohhh?
Facciamo un gran fatica perché i produttori che diano un minimo di garanzia a livello di istruzioni e di materiali utilizzati sono davvero pochi.
Inizialmente li abbiamo selezionati online, con una gran ricerca. Poi l’anno scorso, grazie a un amico che vive negli Stati Uniti, abbiamo preso contatto con un po’ di aziende durante una fiera di settore. E siamo andati ad Hannover, a una fiera riservata agli addetti ai lavori, la più grande in Europa, e di ritorno da lì abbiamo fatto il primo ordine diretto: dagli Stati Uniti, dalla Corea del Sud e dall’Olanda.
Come mai la scelta di non vendere pillole e simili, visto il potenziale guadagno?
È una nostra politica interna. Noi vendiamo solo lubrificanti. Niente unguenti, infusi, pastiglie e pomate “delle meraviglie”. Anche qua: mi chiedo come sia possibile ma le regole sono pochissime, c’è un grande buco legislativo. La nostra idea è che questo sia un settore considerato “scabroso” e che quindi nessun governo voglia andare ad applicare norme perché vorrebbe dire normalizzare, parlare apertamente di queste cose qua.
Pensa che c’è un paper dell’università di Berkeley che fa notare come ci siano un numero incredibile di cause fatte all’FDA [la Food and Drug Administration degli Stati Uniti, ndr] per le molle dei divani e non c’è mai stata una causa per problemi legato a un sex toy.
Per scelta commerciale e per politica interna non vendiamo unguenti né infusi, pastiglie e pomate “delle meraviglie”
Cos’altro non vendete?
Niente che abbia a che fare con l’elettro-stimolazione, perché riteniamo siano pericolosi. Poi, per scelta commerciale, non vendiamo prodotti “estremi”, per il sadomaso più spinto, sottomissioni e simili.
Quindi sostanzialmente qual è il vostro pubblico di riferimento?
Il pubblico femminile e le coppie.
Capiamoci: i prodotti che abbiamo noi non sono in esclusiva si possono trovare anche altrove, ma poi quello che fa la differenza è il servizio, lo stile, la comunicazione che fai.
Il nostro pubblico di riferimento è quello femminile e le coppie che vogliono “giocare”.
Perché quello sono, giochi.
E che feedback avete avuto finora?
Molto positivi.
Ma le cose pian piano stanno cambiando. Se ci fai caso, nei supermercati, nella colonnina della Durex, da qualche anno non ci sono solo i profilattici ma anche olio da massaggi, lubrificante intimo, anelli vibranti. E li trovi nella corsia degli assorbenti o vicino alle casse. Quelli dopotutto sono sex toys, sono dei giochi per l’attività sessuale.
O la stessa Coop, a inizio anno, ha annunciato che avrebbe iniziato a produrre profilattici.
Hai detto spesso la parola “giochi”, durante quest’intervista.
Perché quello sono, giochi. Una cosa con cui si gioca.
E per questo abbiamo fatto uno sforzo incredibile nel riscrivere tutte le descrizioni dei prodotti che vendiamo. Perché in origine quasi tutti promettono aumento degli orgasmi, notti magiche di sesso sfrenato…
Mentre il messaggio che non vogliamo far passare è che è sempre tutto molto soggettivo, l’utilizzo che ne vuoi fare dipende da te, ma l’approccio è quello giocoso.