Wisława Szymborska è una delle poetesse più importanti del ‘900. Non che servisse un Nobel per la letteratura per certificarlo, però lei ha vinto pure quello, nel ’96, anche se in Italia è diventata un caso editoriale solo dopo il 2012, quando Roberto Saviano è andato in tv, da Fazio, a parlarne e a leggere alcune sue opere.
Più o meno un mese dopo la poetessa moriva a Cracovia (non sto insinuando che lui c’entri qualcosa), città in cui ha vissuto praticamente tutta la vita, spostandosi pochissimo, fin dagli anni ’30.
Io la conosco pochissimo la Szymborska, lo ammetto. Faccio anche molta fatica a pronunciarne il nome. Ho provato a leggere qualcosa ma, come si dice in questi casi, “it’s not my cup of tea”, o magari non è ancora arrivato il momento giusto, per me, per apprezzarlo questo prezioso tè.
Quel che so è che Wisława Szymborska non amava particolarmente parlare di sé, né delle sue poesie. Per questo, quando ho saputo che Alice Milani aveva raccontato la sua vita “a fumetti” (lo scrivo tra virgolette perché ho sentito Alice definirlo “un libro dipinto” e dentro ci sono anche molti collage—un omaggio/citazione a quelli che anche la poetessa faceva e regalava—e ho sentito Alice definire il suo come “un libro dipinto”) in un libro intitolato Wisława Szymborska, Si dà il caso che io sia qui, edito da Becco Giallo e presentato lo scorso ottobre a Lucca Comics & Games, mi sono chiesto come avesse fatto l’artista pisana a lavorare su un personaggio così, con pochissimi elementi a disposizione a parte le stesse poesie.
La risposta me l’ha data la stessa Alice Milani, che ho incontrato l’altra sera presso Les Libellules Studio, a Bologna, per la mostra organizzata durante il BilBOlbul (in esposizione, con alcune tavole originali, fino al 4 dicembre: assolutamente da non perdere).
Alice non ama molto parlare di sé, cosa che la rende in qualche modo affine al soggetto del suo ultimo lavoro e che innesca un affascinante corto circuito.
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Perché un soggetto complesso come Wisława Szymborska?
Il soggetto me l’ha proposto Becco Giallo. Io mi sono fidata e ho accettato subito. A quel punto ho cominciato a leggere tutte le sue poesie, visto che la conoscevo poco, e ho scoperto che mia madre era una sua grande lettrice e appassionata, quindi i suoi libri me li ha prestati lei.
Poi è stata utilissima la sua biografia, Cianfrusaglie del passato, scritta da due giornaliste polacche e tradotta da poco anche in italiano. È un libro ricchissimo di aneddoti e di testimonianze di persone che l’hanno conosciuta.
Sì, le poesie sono bellissime ma da quelle è quasi impossibile raccontare la sua vita.
Poi la Szymborska era molto riservata, rilasciava poche interviste e anche quando è diventata molto famosa ha cercato di mantenere la vita che faceva prima, una vita molto semplice, per niente eclatante: non viaggiava molto; e solo inizialmente si è impegnata politicamente ma poi si è allontanata da quel tipo di attività, e comunque non è mai stata un’agitatrice di folle.
Come hai lavorato sul fumetto?
C’è voluto un po’ per costruirmi un’idea chiara su come procedere. «Che faccio succedere in questo fumetto?», mi chiedevo. D’altra parte avere a che fare con una vita piena di eventi, una vita incredibile, comporta altri tipi di difficoltà, perché il disegno potrebbe non essere all’altezza.
Qui invece ho scelto degli episodi in cui chiunque possa riconoscersi, tipo lei che si sveglia al mattino, lei che va all’ufficio postale…
Hai anche inserito le sue poesie.
C’è una voce narrante che di tanto in tanto racconta e contestualizza.
Per il resto ci sono i suoi versi.
Quanto tempo ci hai lavorato sopra.
È stata una cosa “lampo”. Un mese di preparazione e scrittura e poi sei mesi di disegno, con una tabella di marcia molto rigida.
Il personaggio ti è “entrato sotto pelle”? L’hai sentito tuo?
Sì, soprattutto dopo aver letto la biografia.
Poi mi sono vista un paio di documentari.
Secondo te perché l’hanno affidata a te, la Szymborska? Io sarei impazzito chiedendomi perché un editore avesse scelto me per raccontare un personaggio.
Non lo so, non ho avuto il tempo di farmi questo tipo di domande, però posso dire che è stata una scelta azzeccata. Perché la cosa che mi è piaciuta di più è che a lei non interessasse tanto avere successo, lei voleva poter scrivere, che è quello che poi ha fatto per tutta la vita, e per questo la stimo tantissimo.
Ti ci ritrovi, in questo tipo di approccio?
Totalmente.