Non è molto consueto, di questi tempi, vedere l’artista che si ferma all’angolo di una piazza, si siede sulle scale di una chiesa o dentro la sala di un museo, e si mette lì a disegnare dal vivo con le sue matite, la sua scatoletta di acquerelli da viaggio…
Oggi l’illustrazione passa spesso e volentieri per uno schermo e una tavoletta grafica e il disegno dal vivo ha il sapore ancora acerbo delle aule di un’Accademia di Belle Arti o quello d’altri tempio, vagamente speziato, dei Grand Tour che gli artisti del nord e del centro Europa facevano nel nostro Paese.
Eppure Sara Menetti, illustratrice e fumettista bolognese, lavora (anche) così.
«Ma in realtà non mi siedo, la maggior parte delle volte sto in piedi», precisa lei quando la incontro da MiroArchitetti, lo spazio che in questi giorni di BilBOlbul ospita la sua mostra Diario di viaggio: storie di città illustrate, organizzata in collaborazione con Kunstrasse (per chi volesse visitarla, l’esposizione rimane su fino al 13 dicembre).
Sono lì con mia figlia, che se ne sta appiccicata a me, un po’ timida mentre io parlo con l’artista, ma che una volta preso coraggio comincia a girare ammirata per la sala, scattando foto, e riconoscendo, nelle opere esposte, tutta una serie di luoghi a lei familiari: è la Bologna che di solito i turisti non vedono, quella dei “sostegni” lasciati in stato di abbandono lungo il canale Navile, a due passi da casa nostra, o la Bologna delle serre e del giardino botanico, dei musei più bizzarri e affascinanti (Palazzo Poggi, Davia Bargellini, Cere Anatomiche).
La mostra raccoglie in un piccolo spazio, ma con un bell’allestimento fatto di fili che collegano alla mappa (illustrata pure quella) i disegni che Sara ha realizzato durante i suoi viaggi—alcuni “dietro casa”, come appunto Bologna, altri ben più esotici, come Lisbona e Tokyo.
«Ho cominciato nel 2008 a gironzolare per la città disegnando. Poi ho visto che si potevano anche fare dei diari più strutturati e ho portato con me i taccuini durante i miei viaggi», mi racconta.
Sara usa Moleskine e in borsa tiene sempre un astuccio pieno di matite, penne a inchiostro gel, pennarellini Staedtler, e una scatola di acquerelli da viaggio, che porta con sé sia quando macina chilometri, sia quando se ne va per una semplice gita fuori porta. Ovviamente attirando tutta una schiera di curiosi, quando si mette al lavoro.
«Sì capita spesso che la gente si metta lì a guardare o che si fermino per fare due chiacchiere», dice. «A Tokyo ad esempio si è fermato un signore giapponese. Lui non parlava né inglese né italiano ma mi è sembrato che chiedesse quanto mi sarei fermata e allora ho scritto dei numeri e a fumetti ho provato un po’ a spiegargli cosa facevo ma non so se poi abbia effettivamente capito».
Forse però, più che di blocchi e taccuini, è il caso di parlare di diari, visto che le opere non sono semplici “ritratti” della città slegati tra loro ma veri e propri reportage di quello che passa anche per la testa, e non solo davanti agli occhi di Sara, che come prossime mete sogna la Bretagna e la Normandia, l’Olanda in bicicletta e l’India, ma anche itinerari ben più raggiungibili (ma non per questo meno affascinanti) come il delta del Po e la cosiddetta “via degli Dei”, il cammino da Bologna a Firenze, passando per l’Appennino.
Chiedo se riesce sempre a finire l’opera lì sul posto e lei mi spiega che di solito ce la fa, ma che qualche volta, per il poco tempo a disposizione o per questioni meteorologiche, è costretta ad abbandonare il disegno dal vivo e a continuare a casa o in albergo.
«Ad esempio a Lisbona mi è capitato che stava venendo buio, faceva un gran freddo e sono dovuta andare via, quindi ho fatto una foto e il disegno l’ho finito a casa, lasciandolo però volutamente “incompiuto”».