
Gli spazi del vivere — come in tempi del vivere — dipendono dalla percezione: c’è chi sta stretto in 1000mq di minimalismo estremo coi soffitti in cemento grezzo più alti di una chiesa e chi invece si trova a suo agio in striminziti monolocali stracolmi di ricordi, l’aria viziata, neanche lo spazio per sdraiarsi per terra a sentire le vibrazioni del mondo.
Alcuni, se potessero, vivrebbero in ufficio (con o senza la segretaria). Altri hanno un cassetto, uno solo, che conserva il segreto della felicità. C’è chi si ritira in libreria e vorrebbe nascondersi lì così che ogni notte lo chiudano dentro. Altri ancora smistano posta, buttano giù progetti, ricevono appuntamenti al bar.
Il nuovo magazine Space è dedicato proprio a storie (e visioni) come queste: spazi di lavoro, spazi di vita, col pubblico che diventa privato e viceversa.
«Un nuovo semestrale di interior design e di cultura che combina fotografia schietta e scrittura all’universale e talvolta stravagante argomento che è il vivere», così lo definiscono quelli di Moon, agenzia creativa danese che ha fondato la rivista, uscita finora in due numeri.






