La promozione della lettura, in questo nostro paese di non lettori, è affidata a tutta una serie di “eroi invisibili”: associazioni che faticano a trovare finanziamenti, insegnanti-mosche-bianche, genitori volonterosi, operatori sottopagati, bibliotecari e bibliotecarie che non fanno solo un mestiere ma esercitano una vera e propria vocazione.
Ciascuno nel suo piccolo si butta anima e corpo in una missione che è in realtà un percorso a ostacoli capace di mettere a dura prova pure i paladini mascherati dei fumetti, figuriamoci persone in carne ed ossa con una vita da vivere, le bollette da pagare, un mondo intero tutt’attorno che considera il libro — e la lettura in toto — come un accessorio superfluo.
Siamo arrivati al punto in cui pure i cosiddetti “lettori forti” ultimamente sembrano più interessati e impegnati a discutere di strategie di promozione e comunicazione — col libro (come dispositivo e non come oggetto/prodotto) e la lettura (come atto fondamentale per la ricerca di sé e la comprensione dell’altro da sé e del mondo) a rappresentare i “grandi assenti” di questa conversazione fatta a colpi di social, di citazioni alte estrapolate dal contesto, di copertine di libri esibite su Instagram, di hashtag che traghettano il chiacchiericcio attorno al libro sugli schermi degli smartphone perennemente accesi, magari accanto a libri chiusi e dunque “spenti”.

Non che non ci siano occasioni di approfondimento, di dibattito, di incontro, di lavoro e di promozione della lettura. Gli eroi invisibili di cui sopra, per fortuna, sono talmente iperattivi e hanno una tale energia da muovere intere montagne (di libri e di lettori: ché se il lettore non va al libro…).
Il problema è la totale mancanza di coordinamento tra queste realtà — il famoso “fare rete” — che si traduce in uno spreco di (già risibili) risorse, in uno squilibrio di attività (con alcuni territori fortunati e virtuosi e altri completamente al di fuori di ogni circuito), nell’impossibilità per alcuni operatori di confrontarsi con chi ha la stessa mission impossibile e costretti dunque ad andare alla cieca.
La soluzione, forse, è arrivata. Anzi, conoscendo personalmente alcuni di quelli coinvolti nel progetto mi azzardo a dire che la soluzione probabilmente è arrivata. E si chiama Libriamoci a scuola, che è appunto la prima piattaforma web in Italia dedicata alla promozione della lettura.
Realizzato dal Cepell, il Centro per il libro e la lettura, insieme all’Associazione Culturale Hamelin — di cui ho già parlato tante volte qui su Frizzifrizzi — il sito (cito) «mette in contatto diretto tutti coloro che lavorano per diffondere la lettura», attraverso aree e categorie dedicate agli eventi distribuiti su tutto il territorio nazionale, segnalazioni di laboratori, mostre e corsi di formazione, percorsi bibliografici, condivisione di esperienze da parte di tutti gli operatori (dagli insegnanti ai bibliotecari, dagli scrittori agli illustratori, dalle associazioni ai librai).
Su Libriamoci a scuola si andrà per informarsi ma anche per dibattere e condividere, per organizzare, per cercare collaborazioni, per trovare quella tessera che manca al mosaico di un progetto che si intende andare a costruire.
E qua chiedo a te, lettore, di dare nel tuo piccolo una mano per farla conoscere, questa piattaforma. Falla conoscere agli educatori, falla conoscere al tuo libraio di fiducia, a quelli che organizzano gli workshop dove porti i tuoi figli il sabato o la domenica, alla bibliotecaria super-paziente che ti ha fatto scoprire Roald Dahl.
Ché la lettura, specialmente per bambini e ragazzi, non è solo leggere. Come dicono quelli di Xanadu, altra splendida iniziativa di Hamelin: «i lettori stessi sono misteriosi, diversi da tutto il resto».