Che ogni social network abbia le proprie specificità è evidente. Che utilizzare Twitter come fosse Facebook, Instagram come fosse Vine, Tumblr (che non è solo social) come Pinterest non dia buoni risultati, pure. Che tali specificità possano essere non solo dei “confini” dentro ai quali stare, delle regole alle quali sottomettersi ma anche degli strumenti da piegare alle proprie necessità è sì altrettanto evidente ma i buoni esempi, in questo senso, sono rari.
L’uso che il Toronto Silent Film Festival, rassegna annuale canadese dedicata al cinema muto (con un sito malamente retrò), fa di Instagram è uno di questi rari esempi.

Se per l’edizione dell’anno scorso la timeline del festival poteva essere utilizzata come un’infografica a scorrimento orizzontale (puoi ancora vederla sul profilo @tsff2015), quest’anno l’idea è stata quella di utilizzare gli hashtag per coinvolgere gli utenti le persone in una classica storia “a bivi”, di quelle in cui puoi scegliere come va avanti la storia, optando per una possibilità piuttosto che un’altra.
Si comincia con un filmato, ovviamente muto e in bianco e nero.
A quel punto si deve scegliere tra far arrivare i poliziotti…
…oppure correre e scappare.
E così via, di hashtag in hashtag (finché qualche troll non deciderà di “dirottare” il flusso di immagini e video), utilizzando il social dei selfie e delle “fotine” dei pranzi e delle scarpe del giorno come uno strumento narrativo che va a rimpiazzare (o, meglio, ad aggiornare) le pagine dei fumetti e dei libri game, e le schermate dei videogame adventure che fino a qualche anno fa erano i formati più adatti per le storie a bivi.