Qui su Frizzifrizzi abbiamo parlato di lei per la prima volta ben quattro anni fa ma io Fulvia Monguzzi, conosciuta anche come Miss Goffetown, l’ho incontrata soltanto il mese scorso, quando assieme a Gio Pastori ha realizzato un collage a tema birra e sotto il mio sguardo ammirato è stata capace di tirar fuori, in pochi istanti e con qualche colpo di forbice, il mio ritratto e due improvvisate opere erotiche.
Proprio quel giorno, registratore in una mano e birra nell’altra, ho colto l’occasione per intervistarla.
Ancora “sul lato giusto dei 30”, vestita di nero da capo a piedi, il dono della supervelocità nello sfilare gli occhiali da vista e infilare quelli da sole e viceversa, un tatuaggio da visita oculistica sull’avambraccio, a suo agio indifferentemente con forbici, colla, pennelli o pennarelli, Fulvia viene suo malgrado dalla Brianza.
È calma e rilassata, pure vagamente scazzata mentre non smette un secondo di ritagliare e, disponibilissima, risponde alle mie domande, raccontandomi del suo percorso come artista e della sua costante ricerca della leggerezza, sia a livello formale che concettuale.
E infatti: «ho iniziato partendo dalla scultura», dice. «Mi sono laureata in Accademia, a Brera, però ero alla ricerca di qualcosa di più ironico e leggero e mi sono quindi lanciata nel mondo dell’illustrazione, iniziando con dei workshop a Sarmede».

Quando sei arrivata alla carta?
Alla carta ci sono arrivata in seguito perché, pur considerando la tridimensionalità della scultura “troppo pesante”, avevo comunque bisogno di qualcosa di formale, però piatto. Ed ero affascinata dallo strappare, dal ritagliare per creare delle forme piene.
La ricerca della leggerezza.
In scultura se tu hai un errore l’hai sempre sotto agli occhi, “pesa”, non lo puoi cancellare.
Invece col disegno e col collage l’errore puoi metterlo via, puoi sbarazzartene o nasconderlo.
Io avevo bisogno di questa cosa qua, anche a livello di pensiero. Pensare qualcosa e subito riuscire a farla e se non riesci a farla, strappi e ne rifai un’altra velocemente. Questa velocità la scultura non te la permette.

Secondo te la scultura ha influenzato il tuo modo di fare collage?
Sicuramente sì. Poi non essendo illustratrice ho una visione dell’illustrazione poco canonica.
E il nome? Da cosa viene Miss Goffetown?
Dal fatto che sono goffa e distruggo tutto.
Il “town” sta a sottolineare l’aspetto urbano. I miei primi biglietti da visita — era circa il 2009 — erano dei timbri sui biglietti della metro.
Che tipo di lavori fai, oltre ai tuoi personali?
Collaboro con diversi studi di comunicazione. Inserti di illustrazione per pubblicazioni, copertine di libri e con degli amici che hanno una piccola casa editrice indipendente e si chiamano Perpetua Edizioni, stiamo pian piano facendo delle autoproduzioni di libri in serigrafia. Tra un po’ uscirà un libro che si intitola Le file dei bagni delle signore.

Arrivi alla serigrafia partendo dal collage?
Sì, prima faccio il collage, poi lo divido in livelli col computer.
Comunque ho anche un torchio e talvolta utilizzo pure linocut o incisione.
Ma quando sono giù di morale uso la pittura. Quest’inverno ho dipinto una serie di acrilici che avevano come soggetto dei disadattati e dimenticati.
Non mi faccio problemi a passare da una tecnica all’altra.

Vedrei bene pure delle copertine di dischi fatte da te.
Sì mi piacerebbe molto, soprattutto fare quelle dei cantautori italiani, tipo Brace, Bianco…
Ora per Upcycle, un bike cafè di Milano, sto realizzando dei flyer per degli eventi domenicali.
E libri che invece ti piacerebbe illustrare?
Una solitudine troppo rumorosa, di Bohumil Hrabal. Oppure Elias Canetti, Auto da fé.
E ovviamente Hemingway e tutti i grandi. Ma solo uomini.
Influenze?
Ovviamente Matisse e quando era bambina mi piaceva tantissimo Frida Kahlo. E anche Carol Rama.
Ora mi lascio influenzare molto dal contemporaneo, dal quotidiano.

Per quanto riguarda la carta: la cerchi, la collezioni?
Prima la cercavo molto di più. Mi piacevano le carte vintage, usate, polverose… Poi invece sono diventata molto più sintetica e fluorescente!
Ovviamente mi capita ancora di raccogliere vecchie carte, quando le trovo, ma non vado a cercarle e a livello lavorativo ci metto molto meno tempo di prima per scegliere.
Tra l’altro per collezionare carta serve tanto spazio e tanta organizzazione.
Lavorando spesso assieme, credi di star influenzando Gio Pastori? E lui influenza te?
Sicuramente sì. Io sto diventando più precisa e lui invece meno.
Giocate molto tra voi. O almeno è quello che ho percepito guardandovi.
Sì, ci divertiamo ma attraverso il gioco troviamo anche idee per personaggi, percorsi…
Sempre con leggerezza.