Le camerette degli adolescenti

https://www.youtube.com/watch?v=hSK5KyQX7Es&feature=youtu.be&t=18m28s

Dawson’s Creek, terza stagione, episodio 11, Il grande passo.
Nell’episodio precedente, Dawson — il biondo sognatore, il piagnone, sempre troppo preso da sé stesso per accorgersi dei sentimenti altrui e per viversi a fondo la propria vita, appassionato in maniera insana e ingenua del cinema di Spielberg — si fa un bel bagno di realtà quando, in visita al college di Cambridge per presentare un suo cortometraggio, riceve critiche tutt’altro che positive sulla sua opera, mentre sarcastiche risatine accompagnano tutta la proiezione del film.

Al college Dawson conosce Nikki, una giovane filmmaker molto più brava di lui, e se ne invaghisce.
In questo episodio Dawson entra nella stanza di Nikki e resta disorientato: ma come — pensa — non c’è niente qua dentro che parlo della sua passione per il cinema!
Bisogna capirlo, Dawson. Lui è un bambolotto tontolotto incapace di guardare oltre il suo naso, è uno didascalico, trasparente, senza lati oscuri e la sua camera, lì nella bella casa di famiglia a Cabot Cove, sulla costa del New England, è decorata a sua immagine e somiglianza, piena solamente dei poster dei film di Spielberg.

«Ci sono tante cose di cui appassionarsi», gli dice a un certo punto Nikki, «non devi focalizzarti su una sola». Ed è lì che, tra il prurito ormonale di lui e la saggezza di lei, Dawson apre gli occhi.
Quando torna a casa decide quindi di fare il suo grande passo. Decide di crescere. E lo spiega al telespettatore staccando dalle pareti della sua cameretta tutti i suoi vecchi poster. È la sua infanzia, i suoi sogni che Dawson tira giù dai muri. E la sua amica/innamorata di sempre, Joey, rimane sconvolta da questo cambiamento, s’ingelosisce. Perché lui l’ha fatto per un altra. Perché lui è cresciuto e non è più il suo Dawson.

La metafora, neppure troppo sottile (com’è nella tradizione cinematografica e televisiva americana, tutto viene spiegato/mostrato troppo), è però indicativa di uno dei macro-temi più battuti sul grande e piccolo schermo, e non solo negli Stati Uniti: quello delle camere degli adolescenti, unico rifugio che è possibile ritagliarsi dentro al mondo degli adulti (altra metafora: il cartello “keep out” sulla porta che fa la sua comparsa in decine e decine di film), specchio di sé, pieno di “segni” che rivelano chi la abita, la stanza, meglio di qualsiasi dialogo.

Tra poster di band, gagliardetti universitari, ritagli di giornale, miti giovanili, cartelli stradali, confusione totale o ordine inquietante, le camerette dei film (talvolta piatte e stereotipate, altre ricostruite alla perfezione e frutto di un gran lavoro di ricerca: iconografica, psicologica, d’interior design) raccontano intere decadi, sottoculture, mondi, mentalità, disagi e disturbi adolescenziali.

E la filmografia è sterminata, come dimostra Teenage Bedrooms on Screen, un Tumblr fondato dal giornalista e sceneggiatore americano Luke Goodsell, che da quasi quattro anni pubblica fotogrammi tratti da più o meno conosciuti lungometraggi, episodi tv e serie animate, costruendo quello che è probabilmente il più grande archivio mondiale di camerette di adolescenti. Fittizie, certo, ma non per questo meno capaci di narrare la “storia dei giovani” rispetto a quelle vere.

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