Diamo per scontato che nessuno di noi passerà casualmente per Los Angeles da qui al prossimo 6 dicembre.
Questo non significa però che, pur perdendoci la personale losangelina dell’artista marchigiano Fidia Falaschetti, dovremo privarci del suo sempre sorprendente fantasticar — giocato tra l’infantile e il sovversivo — sul consumismo, sui simboli del medesimo, sul potere di simboli e icone e sulla relazione tra digitale e analogico, che è poi il tema — quest’ultimo — di Pol-Ethically Correct, esposizione allestita presso la Fabien Castanier Galery di Culver City, in California, dall’8 novembre al 6 dicembre prossimi.
Per raccontare il mondo che cambia Fidia usa quello che è ormai il suo marchio di fabbrica, l’utilizzo — materiale o concettuale — del passato, piegandolo al presente. E vecchie lavagne di scuola (originali, vedi i messaggini sulle cornici o incisi sull’ardesia: «Alessandro Desti 3°A 6 bellissimo»; «Niccolini Federico!!!»; «Rosy bona»…) ospitano i nuovi alfabeti del consumismo, coi loghi delle compagnie hi-tech o dei marchi di cibo spazzatura, mentre il commento sulla cultura del “remix” è affidato a un Topolino con le parti completamente scombinate e la faccia da culo.
A vecchi blasoni sfilacciati fatti all’uncinetto (in realtà tessuto su ardito e telaio con una tecnica rinascimentale) il compito di illustrare il valore del “piacere” al tempo di Facebook o la caduta del concetto di eroe, di giustizia in tempi di crisi come questi, in cui neppure Superman/Clark Kent (che diventa can’t) può fare alcunché.
