In un imperdibile saggio uscito pochi mesi fa — L’istinto di narrare, edito da Bollati Boringhieri — l’autore, Jonathan Gottschall, insegnante di letteratura inglese, a un certo punto offre al lettore un piccolo brano tratto da un racconto ottocentesco d’avventura e di marinai per poi chiedere, qualche pagina dopo: «che aspetto aveva il capitano Coffin? Era giovane o vecchio? Portava un cappello a tricorno o un berretto floscio?…».
E così via.
Nel brano ovviamente nessuno dei particolari di cui sopra veniva descritto ma ogni lettore, incantato da una buona storia, completa da solo lo scenario. Riempie i vuoti.
«Come Tom Sawyer quando deve imbiancare lo steccato, gli autori ingannano i lettori inducendoli a compiere la maggior parte del lavoro di immaginazione», scrive Gottschall.
Sulla capacità del cervello di riempire gli spazi mancanti attingendo al proprio bagaglio di esperienze (reali o vissute soltanto con l’immaginazione) e cercando disperatamente una storia anche in mezzo a pochi, confusi elementi, si basa gran parte della letteratura. Lo stesso meccanismo funziona anche con la grafica, con le illusioni ottiche, persino con la musica.
E proprio su questo ha giocato il designer ed art director inglese John Taylor, che ha reinterpretato una serie di poster cinematografici togliendo tutto il “superfluo” e lasciando solo pochi elementi grafici.
Film the blanks, questo il nome del sito, è nato prima come mega-quiz per designer e cinefili per poi allargare il progetto alla vendita delle stampe e, prossimamente, addirittura un libro.
E tu riesci a riempire i vuoti e a riconoscere i film?