
C’è qualcosa di misteriosamente irresistibile nel potere che hanno i cibi spazzatura di attrarre anche il più fondamentalista tra i salutisti, la più equilibrata tra le mamme-bio, il più snob tra i gourmet.
Quello degli snack è il lato oscuro del mondo dell’alimentazione, un lato oscuro fatto di produzione industriale, ingredienti dalla dubbia tracciabilità, miscugli chimici di additivi/coloranti/conservanti, ammiccanti incarti colorati studiati per esser peccaminosi fin dal rumore che producono al momento di scartarli.

Un lato oscuro che si nutre delle nevrosi e delle frustrazioni, della vana ricerca dell’uomo contemporaneo di un centro di gravità permanente, del bisogno di rassicurante conforto attraverso l’immutabilità di forme, odori e sapori: quando sei giù e le cose non vanno per il verso giusto ecco un snack che dal suo espositore accanto alla cassa del bar o del supermercato ti fa l’occhiolino e t’imbambola coi suoi poteri psichici, i suoi colori sgargianti, le sue promesse al sapor di caramello, colesterolo, cioccolato di quarta scelta e nocciole.
Ma il mondo degli snack e del cibo spazzatura può anche avere il suo lato artistico e culturale: giunto alla sua seconda uscita, il magazine online Snacks Quarterly mostra che anche barrette, gelati confezionati e plasticosi panini possono avere un’anima. Forse.


