(illustrazione: Luca Laurenti)

Inside/Outside: Freitag

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Ci sono due tipi di bambini: quelli che dentro una stanza piena di oggetti osservano meravigliati ciò che li circonda. Oppure, come nel caso dei fratelli Freitag, quelli che cominciano a toccare e a smontare tutto per capire come sono fatte le cose. Da ragazzini — raccontano loro stessi sul sito del marchio che hanno fondato insieme vent’anni fa e che porta il loro cognome — Babbo Natale non portava mai quello che desideravano davvero e allora loro se lo costruivano insieme. Smontavano cose. Andavano dal ferrivecchi a prendere pezzi di bici che poi riassemblavano in casa. De-contestualizzavano. O, meglio, “ricontestualizzavano”: parola chiave che Daniel e Markus hanno scelto per quella che è poi la filiera del prodotto che li ha resi celebri in tutto il mondo, la borsa Freitag.

Da allora il marchio è diventato un impero, con 400000 pezzi prodotti ogni anno (utilizzando più di 400 tonnellate di teloni di camion, 35000 camere d’aria di bicicletta e quasi 300000 cinture di sicurezza), centinaia di punti vendita in tutto il mondo, svariati premi e riconoscimenti e la capacità più unica che rara di aver costruito un modello industriale che mette in primo piano la sostenibilità e capace di far arrivare a ogni singolo cliente un pezzo unico: di fatto non esistono due prodotti Freitag (tra borse e porta-iPad/iPhone/computer) uguali.

Fedeli al loro spirito di “smanettoni” Daniel e Markus non si limitano a mostrare, attraverso il sito, tutta la filiera produttiva (puoi vedere ogni fase, dallo “squartamento” dei teloni alla lavanderia, al bag design) ma continuano a forzare i limiti.
La grande novità in casa Freitag infatti è un nuovo tessuto completamente biodegradabile, Freitag F-abric, prodotto in Europa e proveniente da materie prime organiche. Tessuto che verrà utilizzato nella prima collezione di abbigliamento del marchio Svizzero e sarà presentato ufficialmente al pubblico il prossimo 31 ottobre.

Dato che Frizzifrizzi non poteva mancare, hanno pensato di mandarmi a Zurigo per fare qualche chiacchiera con uno dei fratelli, Daniel Freitag.
Ovviamente, prima di arrivare a tale momento, ho dovuto affrontare un tour-de-force fatto di succhi di mela, cibi bio, teloni di camion, svizzeri che conoscono il cioccolato Novi, giornalisti sempre al telefono, e un giro turistico in bici che neanche la coppa Cobram di Fantozzi.
Il tessuto e i capi, per ovvie ragioni, non possiamo ancora mostrarli quindi oltre all’intervista ho fatto un po’ di illustrazioni girando qua e là per l’azienda.

* * *

(illustrazione di Luca Laurenti)
(illustrazione di Luca Laurenti)

Parlami della prima borsa Freitag. Un pezzo quasi leggendario. Avete qualche aneddoto sul giorno in cui l’avete progettata?

Venti anni fa, non molto distante da qui, giusto oltrepassato il ponte, ero uno studente e vivevo in un appartamento che condividevo con altri. Non era un appartamento molto costoso, per cui non era una location molto bella, e vicino ci passavano un sacco camion. Guardando attraverso la finestra della cucina si potevano vedere i camion viaggiare. Da lì nacque l’idea di utilizzare i teloni come materiale per dar vita alla borsa. Poi dalla prima borsa alla prima fabbrica il passo pare essere stato breve. E adesso addirittura utilizziamo anche noi dei camion per trasportare i nostri prodotti!

Immagino siano diversi milioni le borse Freitag che attualmente girano per il mondo. Che effetto ti fa vederne una quando sei in giro? Ti viene mai voglia di fermare il proprietario e dire “questa l’ho fatta io”?

No io non lo faccio e credo neanche mio fratello fermi le persone per strada, ma penso proprio che quello sia il “compito” di nostra madre! Lei mi dice: «Sai poi siamo finiti a parlare della borsa e quindi io gli ho dovuto dire che l’hanno fatta i miei figli!»

(illustrazione di Luca Laurenti)
(illustrazione di Luca Laurenti)

[Ridiamo entrambi, poi aggiunge]

Sì, lei è una persona molto socievole quindi…
Quello che faccio io invece è: vedo una cintura di sicurezza e penso che sia perfetta e che potrei utilizzarla per una borsa Freitag. O anche pensare, guardando una persona, quale sarebbe la borsa Freitag che gli si addice maggiormente. Quale gli “combacia”. Quale gli consiglierei. Ma certamente non li fermo per strada per dirglielo!

Pensi che in qualche modo Freitag abbia contribuito alla crescita della scena che ruota attorno al mondo della bicicletta che negli ultimi anni si è imposta anche a livello di massa in paesi, come l’Italia, dove fino ad oggi le auto la facevano da padrone?

Sono felice che il mondo della bicicletta sia diventato “cool” ma non so dire bene quanto abbiamo contribuito a questo. Certamente penso che abbiamo contribuito a diffondere l’idea che si possa vivere e lavorare in modo eco-sostenibile e che la cosa possa anche avere un certo stile, che si possano fare anche cose a basso impatto ambientale — per esempio utilizzando scarti e rifiuti — e belle da vedere. È interessante vedere come una mentalità possa essere copiata, imitata!

(illustrazione di Luca Laurenti)
(illustrazione di Luca Laurenti)

A proposito di copie ed imitazioni: dopo di voi c’è stata un’esplosione di borse realizzate con camere d’aria, teloni, cinture di sicurezza… Come vi approcciate alle tante copie, più o meno originali? Siete felici di aver aperto una strada o vi secca che in tanti speculino su una vostra idea?

Credo che in qualche modo per essere considerati originali sia necessario essere copiati! Se non c’è qualcuno che ti copia in fondo vuol dire che non sei stato originale. Quindi fa parte del gioco.
Detto questo, però, ci sono copie di differenti qualità. Ce ne sono alcune che mi piacciono, con cui poi mi misuro: si può dire che “accetto la sfida”, perché magari sono riusciti ad usare lo stesso materiale in modo intelligente o un altro materiale che si presta bene. Ad esempio ragazzini che realizzano la propria tracolla a mano, riutilizzando materiale di scarto…

Ma ci sono anche copie realizzate però con materiali nuovi, e non usati e “ricontestualizzati” come nelle vostre.

Infatti. Ci sono borse simili alle nostre ma prodotte in Cina con materiali nuovi e lì storco il naso perché snatura del tutto l’idea che sta alla base delle nostre borse. Sono quelle le copie contro cui occorre combattere!
Quelle che veramente apprezzo sono di una catena di supermercati qui in Svizzera, famosi per vendere copie, copie che hanno perfino un nome simile a quelle originali. Quando ho visto le nostre borse riprodotte anche da loro, ho capito che eravamo diventati un brand!

(illustrazione di Luca Laurenti)
(illustrazione di Luca Laurenti)

Dagli inizi fino ad arrivare a oggi la tipologia di clienti penso sia cambiata molto, considerando anche l’introduzione della linea Reference. Credi ci sia qualcosa, ora, nel 2014, che in qualche modo possa unire chi acquista un prodotto Freitag?

Quando abbiamo iniziato eravamo noi stessi degli studenti. Ora, vent’anni dopo — anche se personalmente mi sento ancora uno studente… — siamo cresciuti, e ritengo che anche molti dei nostri clienti siano cresciuti insieme a noi. Forse le loro vite sono cambiate, ora hanno famiglia, lavorano, ma non hanno cambiato modo di pensare. Per queste persone è nata la collezione Reference. Per chi forse ha cambiato un po’ stile diventando adulto ma certo non ha cambiato mentalità, principi, ideali.
Credo che sia quello che in qualche modo unisce tutti i nostri clienti, indipendentemente dalla fascia di età (vedo anche bimbi che vanno al loro prima giorno di scuola con borse Freitag): la mentalità.

Freitag è un’azienda attentissima all’ambiente. Ce l’ha nel DNA. So che addirittura il lavaggio dei teloni dei camion viene fatto con l’acqua piovana! Il nuovo tessuto è un ulteriore passo su questa strada. Vuoi raccontarmi di che si tratta e com’è nato?

Probabilmente la risposta che ti darò sarà simile a quella che ti ho dato alla prima domanda. Perché anche in questo caso è stato per soddisfare un’esigenza, stavolta non soltanto mia e di mio fratello, come fu per la nascita della prima borsa, ma sai che noi lavoriamo in un team e con tutti i ragazzi del team condividiamo la stessa attenzione circa l’impatto ambientale delle nostre azioni, e ci siamo accorti che sul mercato non si trovavano capi adatti al mondo del lavoro a basso impatto ambientale, o comunque niente che incontrasse in qualche modo il nostro gusto.
E così tutto è iniziato come una sfida, più che come un’idea.
Mettere insieme tutti i dettagli è stato faticoso: trovare chi potesse realizzare i materiali, scegliere le cuciture giuste, i bottoni e tutto il resto, in modo che ogni cosa fosse coerente.
Comunque non abbiamo mai avuto come fine la realizzazione di una collezione “fashion”… solo dei capi che fossero adatti al mondo del lavoro, ma come vedi non sono nemmeno così male anche indossati la sera per star seduti al tavolo di un ristorante.

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