Hermano, una storia dell’Ultra Mondo

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Uscito nella collana One Shot di Bel-Ami Edizioni, affidata alla cura (senza pietà) di Marco Taddei e Simone Angelini, Hermano è un’allucinante storia a fumetti concepita da due artisti argentini, Dario Fantacci e Pedro Mancini, entrambi fumettisti e illustratori — classe 1984 il primo, 1983 il secondo — ed entrambi autori di una rivista ancor più allucinante, Ultramundo.

Avendo avuto l’onore di scrivere la prefazione al volume la pubblico qua di seguito.

Quando lo scrittore americano Norman Mailer venne chiamato a testimoniare nel corso di uno dei tanti processi per oscenità intentati contro Il pasto nudo di Burroughs, disse che secondo lui il romanzo era semplicemente un ritratto dell’Inferno. Dopotutto lo stesso Burroughs non faceva che ripetere di considerarsi un mero strumento di registrazione: «Non c’è che un’unica cosa di cui può scrivere uno scrittore», diceva, «ciò che è davanti ai suoi sensi nel momento in cui scrive».

Quindi Burroughs ha visitato l’inferno e l’ha raccontato, mostrando al mondo la sua vera identità: una sorta di satira estrema, paranoica, a tratti circense della realtà che pensiamo di vivere. All’inferno Burroughs c’è andato a bordo di una quantità industriale di droghe; lì ha raccolto qualcosa come mille pagine di manoscritti che teneva in un baule che portava con sé ovunque andasse. The word hoard (o “il baule di parole”), così lo chiamava. E da quei manoscritti disordinati — la cronaca di un mondo parallelo, così come il Simarillion per Tolkien era la cosmogonia e la cronologia di un mondo inventato — sono nati la gran parte dei suoi libri, che a loro volta sono diventati per decine di scrittori, cineasti, fumettisti la porta d’ingresso per una realtà “altra”, un Ultra Mondo che nella storia dell’uomo è stato chiamato e descritto in mille modi differenti: da Hieronymus Bosch a Magritte, da Gurdjieff ad Alan Moore, da Lovecraft a Dick, ciascuno ne ha dato la propria versione, la propria registrazione.

Hermano non è che un frammento di quella stessa dimensione, un Altrove raccontato da due autori argentini che fanno parte di un gruppo, i Niños, che si riunisce attorno a una rivista autoprodotta chiamata — non a caso — Ultramundo, ambientata negli scritti di Burroughs (che in Hermano compare anche come narratore per lo “spiegone” finale! Che ovviamente più che spiegare confonde ulteriormente il lettore) o di Kafka, così come nelle visioni di Moebius, Miyazaki, Bosch e Magritte.

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(Taddei & Angelini, con cui evidentemente condivido un pantheon di “eroi malsani”, probabilmente se ne saranno pentiti di avermi fatto “prefare” e hanno cercato di comunicarmelo simbolicamente, spedendo al mio indirizzo, insieme al libro, una serie di bizzarrie tra cui una lettera K; una foto incollata su cartoncino nero dove si vede una vecchia casa di campagna e, davanti, quella che sembra una ragazzina fare la verticale mentre alla finestra della casa, sulla sinistra, pare esserci qualcuno; un’altra foto ma stavolta senza cartoncino, con un losco e anziano individuo in auto, un crocifisso attaccato allo specchietto, sulla sfondo un tizio e una tizia muscolosissimi su quello che immagino sia un manifesto pubblicitario di una palestra; una bustina trasparente con dentro dei vecchi soldatini, dei rametti (forse), un’esca da pesca rotta.
Non sto scherzando: a chi ne volesse le prove posso inviare le foto.
Ah, nella busta c’era pure una burroughsiana tavola di Anubi in the sky with diamonds, ma questa è un’altra storia. Ovviamente senza pietà)

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