Electric Objects: se i quadri diventano digitali

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Non so se abbia un nome o meno, uno di quei mostri linguistici che uniscono termini di origini greca a neologismi dell’era informatica, comunque io — come tanti, almeno da quanto mi capita di vedere ogni qualvolta entro in una stanza dove ce n’è almeno uno — ho la tendenza a fissare gli schermi.

Accendi una tv, guarda la tua pagina facebook sul pc o sul tablet, dai un’occhiata al telefono per leggere l’sms appena ricevuto e il mio occhio ci cascherà sopra, inconsciamente rapito per qualche istante prima che la volontà prenda il sopravvento e riporti lo sguardo da qualche altra parte, causando pure qualche imbarazzo (mi scuso qui con le centinaia di persone, pure conosciute un minuto prima, che mi hanno sorpreso a ficcare il naso nei loro pixelosi affari privati: non stavo leggendo, è una reazione automatica alle superfici piatte e luminose piene di grafiche e/o scritte, magari in movimento: sono una falena dell’era dell’informazione che passa su schermo).

Se provo a immaginarmi la casa piena di EO1, il nuovo computer realizzato dalla startup americana Electric Objects, non riesco a non pensare a me che fisso inebetito le opere caricate/scaricate su queste versioni avanzate delle cornici elettroniche che negli ultimi anni hanno imperversato nei salotti di nonne e zie, regalo di figli e nipoti vanamente convinti che un quadretto luminoso con le foto dei nipotini il loop potesse diventare il primo gradino di una futura vecchiaia digitale (poi di solito, tempo pochi mesi, e le cornici tornavano nelle scatole o giacevano lì, spente, tra i santini, le medicine per il cuore e cestino con le caramelle).

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Ma l’EO1 non è una semplice versione maxi della cornice digitale, è un computer vero e proprio.
E non è nemmeno un tablet gigante: non ha l’interfaccia touch.

L’EO1 è un computer che sa fare solo una cosa: il quadro. E la fa bene. Mostra, appoggiato a una superficie o appeso al muro, col suo filo penzoloni, quel che carichi o scarichi (via wi-fi) attraverso un’apposita applicazione. Senza le distrazioni di un tablet, senza che arrivi la notifica di un messaggio mentre ammiri un’illustrazione, senza che ti venga voglia di controllare il meteo mentre t’incanti davanti alle opere di uno dei vari musei e archivi che stanno allacciando partnership con la Electric Objects.

Un giorno le case saranno tutte così? Le stanze, nottetempo, saranno riempite dal freddo bagliore dei quadri digitali? O prima di andare a dormire diventerà abitudine farsi un giro e «Marco, ti sei ricordato di spegnere i quadri?»

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Quelli di Electric Objects, che attualmente stanno raccogliendo fior di quattrini attraverso una campagna Kickstarter che ha già quasi decuplicato il budget necessario, puntano su un assunto indiscutibile: c’è più arte su Internet che in tutte le gallerie e i musei della Terra.

Ed è pur vero che finora non c’era modo di appendere alle pareti le gif animate dei gattini né di valorizzare tutta l’arte digitale, anche di altissimo livello, che finora abbiamo potuto ammirare solo sullo schermo di un computer, in una dimensione quindi completamente diversa rispetto al sedersi in salotto e leggersi un libro (un e-book, ovviamente) sotto a quell’opera.

Ma la stampa, poi? Le edizioni limitate? La firma dell’artista? La consapevolezza di essere uno dei soli 10 fortunati ad avere quell’incisione, quella foto, quella serigrafia? Suona snob, lo so. Ma allora perché tra un poster stampato in migliaia, potenzialmente milioni di copie, e una stampa in tiratura limitata scegliamo quest’ultima (portafogli permettendo)?

Non so, forse sono io a non essere ancora pronto. Forse sono io ad essere spaventato dall’onnipresenza di uno schermo e dai dell’occhio da falena digitale che finisce nel gorgo e non ne esce più.

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