photo courtesy Studiopretzel

Tra club, stemmi e nostalgie westandersoniane ecco Studiopretzel Society

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«Mi sono immaginato un gruppo di persone che condividesse i miei interessi e le mie passioni. All’interno di questa ipotetica “società” ho creato dei club, delle squadre, un po’ come le confraternite americane, ciascuna col suo simbolo».
Incontro Emiliano Laszlo al Pitti, dove col suo marchio Studiopretzel è stato tra i finalisti del concorso Who’s on Next? Uomo 2014, promosso da Pitti Immagine Uomo insieme ad Altraroma e L’Uomo Vogue.

Emiliano a Firenze presenta la sua collezione primavera/estate 2015, intitolata Studiopretzel Society. Una sorta di immaginaria divisa per una serie di club, ciascuno col suo stemma, tutti realizzati ad hoc: c’è il club della vela, quello dei giovani esploratori, pure quello di jujitsu, grande passione del designer fiorentino, che si è ispirato un film culto come Rushmore di Wes Anderson, dove il protagonista, Max Fischer/Jason Schwartzman, se ne andava in giro con la sua divisa universitaria a “collezionare” attività extracurricolari e badge.

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Studiopretzel Society è un romantico e nostalgico ritorno alla giovinezza, ai campeggi davanti a un falò e ai nodi imparati sul Manuale delle Giovani Marmotte, alle esplorazioni in cerca di fossili con la paletta da giardinaggio nel cortile dietro casa e alle notti stellate passate col naso all’insù per trovare la stella polare, cercando di esprimere un desiderio negli effimeri istanti di magia concessi dalle scie dei meteoriti. Un omaggio ai pranzi al sacco e al profumo dell’erba bagnata, ai coltellini multiuso e alle collezioni di minerali, al «cambiati i calzini!» della mamma e ai mazzolin di fiori raccolti durante il cammino, da regalare alla ragazzina o al ragazzino che ti fa arrossire le guance.

Il tutto tradotto in jumpsuit (ma chiamali, se vuoi, tutoni) unisex; camicie lunghe in denim col fondo tipo parka, pure unisex; poncho; salopette; giacche realizzate con tessuti da tappezzeria (per il boyscout che trova nel baule in soffitta la stoffa del divano e se la mette addosso); e capi più semplici come magliette e polo a completare il guardaroba del membro del club.

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Nella nuova collezione c’è l’impronta caratteristica dei pezzi che nel passato sono diventati un vero e proprio marchio di fabbrica di Studiopretzel (su tutti il pantakimono), ma anche molti tagli nuovi e vestibilità inedite per Emiliano Laszlo, che come al solito produce tutto a km-0 o giù di lì — basta prendere un compasso e tracciare un piccolo cerchio con Firenze al centro.

Un nuovo punto di partenza, quello di Studiopretzel Society, da un lato rassicurante e giocoso nei richiami culturali cari a una generazione di 30/40enni, dall’altro coraggioso e ironico nel reinventare divise contemporanee all’insegna della comodità, utilizzando anche tessuti non convenzionali come le vecchie stoffe da tappezzeria (e dopotutto non è dal divano della nonna che partivano molte delle avventure dell’infanzia?).

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