Hue è una strana rivista che nasce da un’ancor più strana comunità creativa inglese: Creative Arts Network, un collettivo di artisti cristiani (ebbene sì) — grafici, illustratori, fotografi, designer — che insieme cercano di esplorare il punto d’incontro tra creatività e chiesa, ispirandosi a quel che accadeva in passato, quando la quasi totalità delle opere d’arte venivano commissionate dal clero e parlavano di Cristo (mica del tutto vero: parlavano di Cristo spesso per parlare d’altro).
Lungi dall’affrontare lunghe riflessioni religiose, però, la loro attività si basa prevalentemente sulla segnalazione di artisti interessanti attraverso una piattaforma online che in quanto a grafica e contenuti non ha niente da invidiare agli altri siti d’ispirazione creativa, quelli areligiosi, che ovviamente sono la stragrande maggioranza. Merito del buon, vecchio pragmatismo inglese e di un certo understatement che non guasta mai: se provo a immaginare un progetto simile ma proiettato nella realtà italiana non posso non pensare a grafiche “vecchie”, approccio didascalico, una certa attitudine al “convertire le povere anime”.
Creative Arts Network da pochissimo ha lanciato anche un magazine formato tabloid, Hue, col primo numero dedicato all’esplorazione, attraverso una serie di interviste ad artisti e designer di tutto il mondo, dei processi mentali e pratici relativi a quei progetti che nascono “liberi”, nello spazio tra un lavoro su commissione e l’altro, al di fuori dai limiti imposti dai clienti (religiosi o meno!).