Save the date | Cheap Festival vol.II

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Ho già raccontato più volte di come mia nonna, quand’ero piccolo, riuscisse a trasformare un’attività altrimenti noiosa come andare a fare la spesa (attività che oggi si “consuma” in semplici viaggi casa-supermercato-casa) in un vero e proprio itinerario carico di odori, suoni, dialoghi e di frammenti di storie che andavano componendosi di giorno in giorno.

C’era l’alimentari di Augusta—un’anziana signora che con le sue narici profonde e allungate e gli occhi cadenti sembrava disegnata da un illustratore—e il suo profumo di formaggio e salumi. C’era la bottega di zio Carlo, che era l’unico fratello di mia nonna, un fabbro dalle vaghe simpatie anarcoidi perennemente immerso nella penombra tra scintille infuocate e odore di ferro bruciato. C’era il profumo pungente della colla e quello più delicato della segatura nella falegnameria di mio nonno Mimmi, all’anagrafe Emilio, e del suo socio Belwether, detto Belvè, entrambi dispensatori di cubetti di legno, scarti di produzione che io usavo come costruzioni. C’era l’odore di gomma e di grasso dell’officina del gommista, quelli di colla—di nuovo—la colla del tappezziere, quello intenso del caffè appena macinato della torrefazione, quello dolcissimo di cioccolato e panna nella pasticceria (ma solo se ero stato bravo da meritarmi una delle “più buone meringhe del mondo”) e lungo la strada del nostro piccolo tour mi incantavo a guardare l’attacchino che inzuppava il rullo spugnoso nel secchio pieno di acqua e colla (ancora) prima di appiccicare al muro i manifesti.

«È morto Settì[mio]», diceva mia nonna. O «Ah, po[ve]ra Quartina…», mentre io, che ancora non sapevo leggere, fissavo le foto dei manifesti funebri, guardavo le date, mi eccitavo tutto quando era periodo di elezioni e l’attacchino metteva su quei simboli che tanto mi piacevano (soprattutto la falce e il martello, per retaggio di famiglia).

Poi per anni di attacchini non ne ho più visti all’opera. E a dirla tutta, ormai assuefatto all’onnipresenza della pubblicità in ogni dove, ho iniziato a non notare più i manifesti, ennesima fonte di pessimo inquinamento visivo (tranne la parentesi elezioni e la meravigliosa satira dal basso fatta a colpi di pennarelli, strappi, giustapposizioni).

Questo finché non è arrivato il Cheap Festival, evento giunto ormai alla sua seconda edizione e ideato da due tra i più interessanti attori del panorama culturale bolognese—Elastico e TPO—per celebrare la street art sotto forma di poster.

Protagonisti di questa seconda edizione, oltre a serate a base di musica, presentazioni, incontri, installazioni di guerrilla gardening, saranno cinque artisti, che con secchi pieni di acqua e colla andranno a decorare i muri delle periferie della città: Lucamaleonte, all’opera dal 1 al 4 maggio in via Ottaviano Moscherino, Martina Merlini (1 – 5 maggio in via Zago, presso Associazione Oltre/Progetto Zago), Hyuro (1 – 5 maggio in via Angelo Masini, presso l’autostazione), Orticanoodles (3 – 8 maggio in via Tommaso Casini, presso il Parco Mitilini Moneta Stefanini) e il collettivo L.E.T. (4 – 8 maggio in via Casarini, sede del TPO).

Non solo periferie, però, perché dall’8 al 10 maggio sarà anche il centro di Bologna ad essere “colorato” dai manifesti d’arte di artisti di tutto il mondo grazie a tutta una serie di opere affisse sulle bacheche comunali (altrimenti inutilizzate) che già da marzo hanno iniziato a ospitare (e lo faranno fino a luglio) i manifesti del progetto parallello Cheap Green, realizzato grazie al sostegno del comune.

In attesa di sentire per le strade quel famigliare odore di colla e di ritornare a guardare i manifesti, ecco il programma completo del festival.

QUANDO: 1 – 10 maggio 2014
DOVE: location varie | Bologna

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le foto sono dell’edizione 2013 di Cheap Festival

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