4CP | Four color process

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Carta economica, stampa di pessima qualità e sbavature, ecco il marchio di fabbrica dei fumetti prodotti fino agli anni ’70 o giù di lì, celebrati in un blog che un inno alla poesia della quadricromia, o meglio degli errori della quadricromia, di quel linguaggio fatto di segni sbagliati quasi impercettibili ma responsabili della gran parte del fascino che la stampa a colori ha esercitato su generazioni di appassionati.

Ex-insegnante di letteratura inglese e oggi pubblicitario, John Hilgart sta costruendo un enorme archivio di scansioni relative a fumetti della cosiddetta “golden age”, puntando l’attenzione però sui dettagli—con pagine ingrandite fino a rivelarne ogni singolo puntino—piuttosto che sulle storie, appena citate (giusto il titolo e l’anno di produzione) e messe da parte in favore del puro gusto estetico per la carta, la sua texture, i blocchi di colore, gli sbaffi, i punti che escono dai contorni.

4CP è un inno nostalgico a un’era artistico/tecnologica che non c’è più, da parte di un cultore che per il suo archivio online ha addirittura scritto un manifesto intitolato In difesa dei puntini: l’arte perduta dei comic books, che tra l’altro esordisce con una bellissima e poetica citazione tratta dal capolavoro di Don DeLillo, Underworld:

«Una fotografia è un universo di puntini. La grana, il composto alogeno, i piccoli grumi argentei dell’emulsione. Una volta entrati nel puntino, si accede all’informazione nascosta, si scivola all’interno dell’evento minimo.
Questo riesce a fare la tecnologia. Sbuccia le ombre e redime la confusione e l’incoerenza del passato. Fa avverare la realtà»

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