Non è la prima volta che Fabio Tonetto usa (o meglio abusa) dei personaggi Disney nelle sue illustrazioni.
Ha già dissezionato, malformato, scarnificato Pippo, Paperino e Topolino (tra l’altro nel corridoio di casa mia c’è proprio un Topolino e mia figlia negli anni si è ormai abituata a quelle masse venose che deturpano la familiare silhouette del topo più famoso del mondo quasi come fossero i tumori della cultura pop, di tanto in tanto la becchi che di nascosto si ferma sotto al quadro a fissarlo come se rappresentasse un mistero che da una parte inquieta e dall’altra vale la pena continuare a indagare con l’inconsapevole sguardo scientifico del bambino che scopre le cose, finché l’età e la coscienza non portino nuovi elementi a un’indagine: quel Topolino per lei è diventato una tappa, con cui misura quanto sta diventando grande).
L’ultima opera Tonetto l’ha dedicata a Pluto ed è un’animazione che rappresenta, come dichiara lui stesso, «un tentativo fallimentare di creare il miglior Pluto di sempre». Un Pluto che in realtà sembra in procinto di auto-generarsi senza però mai riuscirci, rimanendo incastrato in un ciclo continuo di prove/errori, di auto-aborti liquidi (tra l’altro realizzati in flash ma, come spiega Tonetto, usando i fotogrammi come fogli di carta e quindi senza usare le animazioni che permette di fare il software) che incredibilmente però riescono a rendere sempre riconoscibile Pluto.
Anzi Pluto 3000, che è poi il titolo del video.
animazione Fabio Tonetto
sound design Enrico Ascoli