#mariwashere

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Ci sono città che si raccontano meglio attraverso la fotografia e altre che invece hanno bisogno del linguaggio scritto o parlato, magari addirittura della musica, per essere capite. Sono nato in un paesino (Monsano, nelle Marche) dove l’idea che la gente ha di sé stessa e del posto in cui vive viene espressa e tramandata in forma orale, in una sorta di micro-epica costantemente in fieri, colorita dai suoni del dialetto: nessuna fotografia riuscirebbe mai a spiegare Monsano a chi non è del posto, perlomeno non quanto una storia ascoltata al bar una domenica mattina.

Per Bologna le cose sono più complicate. Oggi la mia vita, la mia casa, la mia famiglia sono qui. Eppure questa città la guardo ancora, ogni giorno, con l’occhio del fuorisede. Non ho mai preso quel buffo accento che si parla da queste parti, neppure una vaga sfumatura, e la mia memoria uditiva tuttora segna con la matita rossa tutte quelle z sbagliate, gli accenti aperti quando invece andrebbero chiusi, l’esotica abitudine dei bolognesi di rispondere al negoziante che chiede «Altro?» con un altro… «Altro», per dire però «Basta così, sono a posto» (e trovo ridicoli i non-bolognesi che per velleità mimetiche si adeguano, ma li riconosci per quel secondo in più nel rispondere, il tempo di processare l’informazione e attivare i neuroni specchio).

Bologna è affascinante. A volte bellissima. Ma in foto, così come nella maggior parte dei racconti—orali o scritti—non è che uno stereotipo. Manca di profondità. Appare come una messa in scena o addirittura la rievocazione di una messa in scena: è artificiale, bonariamente rassicurante.
Ma ci sono due linguaggi che a mio parere riescono a parlare in maniera privilegiata, dinamica, complessa e (quasi) mai banale de “la dotta/la grassa/la rossa” Bologna, e sono quelli del fumetto e dell’illustrazione, non a caso entrambi legati a questa città da una lunga e gloriosa tradizione a cui hanno contribuito in egual misura sia lo sguardo interno degli indigeni che quello esterno dei fuorisede.

Capire Bologna è anche e soprattutto guardarla attraverso i (di)segni di chi la vive, magari per una vita, magari per qualche giorno appena.
E un’ottima occasione per farlo—e per fare un tour attraverso i luoghi che, ciascuno a suo modo, lavorano ogni giorno per arricchire l’offerta culturale, artistica, commerciale della città—è un progetto che partirà proprio nei prossimi giorni grazie ad Hamelin, l’associazione culturale che da anni porta avanti un festival del fumetto di caratura internazionale quale è il BilBOlBul, in collaborazione con Art City, MAMbo Bologna, OpenQuadra, CAT24 e Inuit.

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Il progetto in questione s’intitola #mariwashere ed è la prima di tutta una serie di “tappe” che porteranno, evento dopo evento, alla prossima edizione del BilBOlBul, prevista per il prossimo novembre.
Protagonista dell’iniziativa è l’illustratrice norvegese Mari Kanstad Johnsen, che sarà a Bologna a partire dal 15 gennaio per una residenza d’artista durante la quale seguirà e documenterà gli eventi di Art City attraverso le sue illustrazioni, che verranno poi raccolte in un instant book in edizione limitata che verrà presentato il 26 gennaio al MAMbo e messe in mostra—insieme ad altri lavori dell’artista presso la galleria OpenQuadra.

In città, nel frattempo, sono apparsi dei bollini verdi nei luoghi chiave del tour con tanto di codice QR. Ed è partita anche una caccia al bollino in collaborazione con Igersbologna (in palio tre copie del libro: tutte le informazioni per partecipare le trovi qui o sulla pagina facebook dell’evento).

QUANDO: 15 – 26 gennaio 2013
DOVE: Bologna | location varie

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© Mari Kanstad Johnsen
© Mari Kanstad Johnsen
© Mari Kanstad Johnsen
© Mari Kanstad Johnsen
© Mari Kanstad Johnsen
© Mari Kanstad Johnsen
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