Mappe stellari in mano, telescopio puntato verso il cielo, la gatta Nerina incuriosita a gironzolar lì attorno, attratta dalla luce rossa della torcia, ricoperta dagli inconfondibili involucri della caramelle Rossana, attaccati alla bell’e meglio con lo scotch (come ben sa chi ha lavorato almeno una volta in camera oscura la luce rossa non impressiona il materiale fotosensibile ed è l’unica che permette di illuminare senza far chiudere le pupille, cosa indispensabile per chi di notte vuole esplorare il cosmo: servono anche diversi minuti infatti alla pupilla per allargarsi di nuovo una volta colpita da un raggio di luce con una frequenza diversa da quella del rosso).
Le mie serate da “piccolo astronomo” di solito iniziavano e terminavano con la meraviglia delle ombre dei crateri lunari, colpiti di tre quarti dalla luce solare. Cercare nebulose e galassie lontane era un’impresa e abituato ai soliti “animali” dell’emisfero boreale—Orsa, Lucertola, Lince, Levriero, Volpe, Leone, Serpente—mi ritrovavo spesso a fantasticare sui cieli dell’emisfero sud, coi loro nomi esotici, Tucano, Pesce Volante, Pavone, Gru, Fenice, che all’epoca non avevo mai visto dal vivo e che tuttora per me rimangono puntini spenti su una carta del cosmo. Pure se non si è appassionati di astronomia vedere coi propri occhi un cielo completamente diverso, senza i soliti punti di riferimento sempre uguali da millenni, dev’essere una strana sensazione.
Alle prese con un problema opposto al mio—la nostalgia del cielo di casa—la designer australiana Rebecca Martin ha deciso di portarsi almeno un pezzetto di cielo dall’altra parte del mondo, a Berlino. Cresciuta come una qualsiasi ragazza di campagna (per cui l’affezionarsi al cielo acquista un senso ancora maggiore rispetto a chi è cresciuto in città e ne perde almeno l’80% del fascino per colpa delle luci artificiali), la Martin è arrivata in Europa nel 2011, stabilendosi a Copenhagen prima di innamorarsi di Berlino e decidere di rimanere lì, dove ha aperto uno studio a Neuköln e ha lanciato un marchio chiamandolo come una stella della più rappresentativa tra le costellazioni dell’emisfero australe: la Croce del Sud. La stella, la più luminosa della costellazione, si chiama Alpha Crucis ma per ribadire il concetto di croce la designer ha sostituito la c con una x.
Alpha Cruxis, dunque, che ha esordito appena qualche mese fa con una collezione di cinque borse fatte a mano in pelle italiana e dettagli in argento, tutte caratterizzate da rigorose e minimali linee geometriche.
Se non si ha modo di arrivare fino a Copenhagen per comprarne una nella boutique di quel fantastico fashion designer e talent scout che è Henrik Vibskov, le borse di Rebecca Martin sono in vendita anche online.