Hotel Graffiti

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Mai capitato di andare in un hotel e trovare un messaggio? Non di quelli che il concierge, con l’aria seria, ti recapita alla reception (quella è roba da film dell’era pre-telefono mobile). Intendo messaggi più o meno nascosti, lasciati da chissà chi, magari incisi dentro alle ante di un armadio o sul muro, in un angolino quasi invisibile dove punti lo sguardo solo se caschi dal letto cercando di recuperare la bottiglietta d’acqua, in preda alla terribile arsura durante una di quelle lunghe notti in cui il mondo sembra non volersene star fermo e lo stomaco e la testa partecipano allegramente al terremoto dei sensi fregandosene di ascoltare l’istinto di conservazione che da un bugigattolo al centro del “cervello arcaico” frinisce invano i suoi consigli.

A me è successo una volta in una di quelle allucinanti camere che puoi trovare vicino alle stazioni, quelle dove i rubinetti li apri coi gomiti per non rischiare di beccarti qualche infezione e te ne vai a letto completamente vestito e con un asciugamano sotto alla testa per evitare in ogni modo di toccare il lenzuolo con la pelle nuda. Quei posti, insomma, dove vai solo in caso di emergenza, quando gli altri alberghi sono tutti pieni o qualche disonesto ha deciso di alzare le tariffe da “guarda dove mi tocca buttare i soldi” a “troppo” a “quanto???” (infatti poi capita di ritrovarsi a dormire direttamente in stazione).

Cadendo appunto per terra, preso in mano il telefono per fare un po’ di luce e capire dove fossi e soprattutto dove fossero il sopra e il sotto, nella stanza, vidi scritto sul muro, sotto al letto, il caro, vecchio, mai del tutto chiarito messaggio urbi et orbi: Dio c’è. Rinfrancato da quel fortuito ritrovar la certezza, ripresi coraggio e tornai in posizione fetale sopra alle coperte.

Scopro ora che se avessi guardato meglio, visto che l’inizio era comunque dei più promettenti, forse avrei trovato altro. Ché le stanze d’albergo possono diventare, volendo, la versione più discreta del delirio grafomane che affligge i bagni pubblici e i cessi dei locali: basta saper cercare.
E prima di vedere Hotel Graffiti non potevo neanche immaginare dove andare a cercare: sotto ai cassetti! Dietro ai quadri, sugli appendini, nel frigobar!

Ogni posto è buono per scrivere qualche pazzia e Hotel Graffiti, sito che raccoglie sette anni di “opere” che un bizzarro comico americano—David Bussell—ha lasciato in giro per gli hotel di mezzo mondo, realizzando di fatto una lunghissima performance situazionista tuttora in fieri, di pazzie ne raccoglie tantissime.

Non prenderla per istigazione al vandalismo ma se qualche sfigata superstar si sente in diritto di sfasciare una stanza d’albergo per finire sui giornali, perché non riciclare l’idea per spingerla ancora oltre? Magari, chessò, fare progetti di scrittura vacanzier-partecipativa lasciando l’incipit di qualche storia dietro a un quadro di Gesù poi postando su un apposito sito anonimo la foto, l’indirizzo dell’hotel e il numero di camera, e aspettare che qualcun altro prosegua il racconto. La butto lì.
Anzi, se qualcuno vorrà mandarci le foto, qua saranno ben accette.

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