Issues | Dispensa n°0

La prima volta che ho sentito parlare di Dispensa fu più di un anno fa, quando incontrai per la prima volta Martina Liverani al tavolo di un caffè di Bologna. Lei era lì per intervistare me sul fenomeno delle riviste indipendenti e le fanzine per “gastrofissati” (tu chiamali se vuoi: foodies). Tra uno snocciolar di titoli e uno snocciolar di noccioline, ce ne uscimmo entrambi con un pensiero condiviso. Anzi due: di riviste a tema cibo ce ne sono troppe ma allo stesso tempo in Italia ne manca una di impronta “anglosassone”, né caciarona né per iniziati, di largo respiro e con tanto spazio per gli approfondimenti e le storie. In altre parole di riviste italiane di long form journalism a tema gastronomico pareva non ce ne fossero.
Prima di salutarci, Martina mi confidò: «piacerebbe a me farla una rivista del genere». Me lo disse così, come si dice a un amico “vorrei andare a fare un viaggio spirituale in Tibet” o “se vincessi la lotteria per prima cosa…”.
Quindi si può ben immaginare la sorpresa quando, qualche mese dopo, mi chiamò e disse di essersi finalmente decisa. La rivista l’avrebbe fatta davvero ed avrebbe voluto coinvolgermi.
Quando la incontrai di nuovo, pochi giorni più tardi, aveva già ben chiaro in testa il numero zero. I fotografi, gli argomenti, le penne. Tra cui me. Mi avrebbe affidato un pezzo intitolato Overground, che avrebbe fatto il paio con l’Underground di Massimiliano Tonelli, direttore di Artribune.
Mi parlò pure del titolo, Dispensa, che trovai azzeccatissimo.
Dispensa—quadrimestrale di Generi Alimentari & Generi Umani, diretto da Martina Liverani, scrittrice e giornalista, collaboratrice di Vogue, Style.it, Casaviva, Sale e Pepe e Dissapore—sarà in vendita a partire dal 26 settembre presso librerie, ristoranti e concept store oltre che online, dove è già aperta la prevendita.
Da sottolineare: credo sia l’unica rivista italiana a tema cibo a non esordire con un Bottura, un Cracco o un Oldani in copertina. E neppure all’interno, se è per questo.

Ciao Martina, mi è giunta voce (dal solito uccellino—ma non quello di twitter, stavolta era un uccellino vero, ma arrivato direttamente in salmì) che sta per nascere una nuova rivista indipendente, tutta italiana, sul tema cibo. Confermi?

Il salmì difficilmente sbaglia.

Come mai il cibo? Non è un argomento già abbondantemente coperto da blogger gastrofissati, pazzoidi con lo smartphone che vanno nei ristoranti e fotografano ogni piatto, programmi tv da massaie (e “massaii”) repressi, fanzines fighette fatte da anoressiche modaiole…

C’è ancora tanto da dire sul cibo, soprattutto c’è un modo diverso di raccontarlo. Il modo che mancava e che abbiamo scelto noi è di farlo con calma (i servizi non si divorano ma si gustano perché sono fatti di tante parole e belle immagini), sulla carta, e con tanta voglia di raccontare storie—spesso poco mediatiche—che ci appassionano.
Non raccolgo la tua provocazione sulle “fighette anoressiche modaiole” perchè a occhio nudo si capisce che io non faccio parte di nessuna di queste tre categorie…

Come è nata l’idea? Eri a stomaco pieno o a stomaco vuoto?

Ero a stomaco vuoto. Da lettrice, appassionata di cibo e addetta ai lavori, avevo fame di un contenitore nuovo in cui potermi riconoscere e condividere la passione per il cibo e il desiderio di saperne di più. Parlando con amici, colleghi e gourmet mi sono accorta che non ero l’unica ad avere questa necessità. Da lì è stato un attimo coinvolgere tutta la squadra, in primis Itaca Comunicazione (che ha curato la realizzazione editoriale), poi le firme e i fotografi: tutti volevamo un posto, di carta, dove raccontare storie di cibo con il tempo e lo spazio che serve. Con servizi lunghi, registri narrativi originali, tagli insoliti e foto pazzesche. Così è nata Dispensa.

Vuoi raccontarmi la genesi del nome, Dispensa, che tra l’altro trovo bellissimo?

Dispensa è sia contenitore di cose buone che approfondimento. E la baseline “generi alimentari e generi umani” racconta bene che lì dentro ci sono storie di uomini e di cibo. Anche io lo trovo bellissimo.

Come si finanzierà il progetto? So che non ci saranno pubblicità di alcun tipo. Hai pensato di ricorrere al crowdfunding? Per le riviste straniere il metodo funziona.

Dispensa si sostiene con le copie vendute e i profitti di ogni numero serviranno a finanziare la realizzazione dei servizi (tutti prodotti in esclusiva per Dispensa) del numero successivo. Ricorreremo al crowdfunding per servizi particolarmente costosi (ho già in mente qualche esperienza avventurosa da affidare agli editor, e questo naturalmente ha dei costi). Ricorreremo anche a partner distributivi, ma nelle pagine di Dispensa non ci sarà pubblicità: è la condizione per mantenere autonomia e avere il controllo sui nostri progetti. È la condizione, a mio avviso, per essere davvero interessanti per i lettori e dargli quel che ancora non hanno.

Ci saranno ricette?

No, neanche una.

Hai qualcosa contro le ricette?

Non particolarmente, solo credo che si possa parlare di cibo anche senza scrivere ricette. Dispensa è questo: una foodzine senza ricette!

Chi leggerà il tuo magazine?

Chi non vuole rinunciare al gesto di sfogliare una pagina di carta, ama le cose ben scritte e vive con lentezza. Chi legge Dispensa è sicuramente un genere umano della specie alimentare.

Tra quali altre riviste pensi che la infileranno i lettori nelle loro librerie?

Tra quelle da riprendere in mano anche a distanza di anni perché è sempre bello leggere.

Ci sarà anche una versione digitale?

Al momento no. Non contiene sostanze digitali..

Il cibo per te è? E non vale dire cultura, piacere, vita, amici, amore, passione…

Il cibo per me sono storie da raccontare. A partire da quelle che troverete in Dispensa.

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