1pm | Agostino Iacobucci: intervista allo chef de I Portici Hotel Bologna

I Portici Hotel Bologna
via Indipendenza 69, Bologna
Tel: 051 42185

A Bologna, quasi sul bordo della zona a traffico limitato, lungo via Indipendenza, in un palazzo dell’800 già sede dell’Enel, da pochi anni e con un imponente investimento si è materializzato un albergo che coniuga piacevolmente design moderno e gusto borgese d’antan: I Portici.
Qui ha trovato casa lo chef migrante Agostino Iacobucci e la sua agguerrita brigata, una stella Michelin già raccolta sulla difficile piazza di Napoli ed ora impegnato, con successo, a ricostruire l’empatia fra questa bella tavola e la città di Bologna. La cucina di Agostino si è, negli anni, straordinariamente affinata; senza rinunciare all’intensità dei sapori ha trovato la via per sedurre il palato dei suoi ospiti con preparazioni di grande gusto ed altrettanta semplicità. Passate in questo antico “café chantant”, o sulla spettacolare terrazza affacciata sul Pincio bolognese, per vedere come si declina l’incontro fra le due cucine più ghiotte d’italia: la napoletana e la bolognese.


Quanti anni hai, dove sei nato, da quanto fai il cuoco?
Ho quasi 33 anni, sono nato a Castellammare di Stabia, cucino da 15 anni.

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Il nome del cuoco dalla cui cucina ti senti più distante e quello alla cui cucina ti senti più vicino:

Distante da Ferran Adrià, vicino invece alla cucina di Mauro Uliassi.

La III° media del tuo paese ha visto le ultime puntate di Master Chef e ne hanno parlato in classe. Al docente di italiano viene l’idea di far vedere ai suoi alunni come funziona un ristorante dal di dentro e li porta in visita al tuo ristorante. Cosa prepari loro per pranzo?

Un pacchero con ragù napoletano (dopo che ha pippiato almeno 6 ore) così i ragazzi si “arricreano”.

Dolce, salato, acido, amaro, quale scegli? L’umami non vale…

L’acido.

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Un incontro casuale ma hai la certezza che si tratti della tua anima gemella. Ti confessa un debole per il cibo gourmet, riesci ad invitarla a cena e ti giochi tutto su una singola preparazione. Un piatto tuo o un grande classico? Quale?

Le preparo il mio babà a tre lievitazioni, quello si scioglie in bocca! E’ fatta sicuro.

“Chilometrozero”, “buonogiustoepulito”, “naturale”, “artigianale”… quanta etica serve per fare un gran piatto?

Serve materia prima di grande qualità e passione per il proprio lavoro. Il resto viene…

Sono appena entrati in sala l’ennesimo ispettore di guida e, dopo pochi minuti, un tale che fa un sacco di domande e scrive compulsivamente sul suo cellulare; si siedono a tavola ed ordinano. Sotto la salamandra i piatti sono pronti, siamo agli ultimi ritocchi. Ti ricordi di aver in tasca per caso, guarda il caso, una boccetta nuova di pacca di guttalax ed il fondo di un flacone di veleno per topi… e sono tutti girati dall’altra parte…

È una domanda cattiva! Mi accerto che non ne cada nemmeno una goccia e che in cucina abbiano fatto tutto al meglio.
Poi incrocio le dita: ad ognuno il suo mestiere. Il mio è di far da mangiare, non di avvelenare.

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