Issues | Boat #5

Un nuovo numero ogni sei mesi, ciascuno dedicato ad una città differente. Ma non si tratta di mandare un paio di reporter annoiati o di far tutto da un computer sopra una scrivania, un caffè lungo accanto, la vicina di tavolo che si lamenta dell’appuntamento della sera prima, il web-designer che bestemmia davanti ad un Internet Explorer che spagina tutto, in una redazione a migliaia di chilometri di distanza. Qua è proprio la redazione per intero a spostarsi, in un progetto nomade che ogni volta prende su tutto il prendibile e dal quartier generale di Londra si stabilisce per un mese da qualche altra parte.

Dopo Sarajevo, Detroit, Londra (giocando in casa) e Atene, ovvero le tappe dei primi quattro numeri della rivista, Boat Magazine stavolta è andato a Kyoto, portando con sé gran parte del Boat Studio Ltd., l’agenzia creativa che due anni fa ha lanciato il magazine dopo una felice intuizione: visto che gennaio ed agosto sono i mesi lavorativamente più tranquilli—hanno pensato—potremmo dedicarli a viaggiare e a raccontare le città che vediamo.

Allontanandosi dallo stereotipo del giornalista straniero che in pochi giorni cerca di raccontare—spesso prima ancora di averle capite—come funzionano la vita, la cultura e le tendenze di un luogo più o meno esotico, Boat costruisce ogni nuova uscita con fotografi, illustratori, designers, scrittori e giornalisti locali mentre la redazione londinese si immerge totalmente, per 30 giorni o giù di lì, negli usi e costumi del posto, compreso andarsi a tagliare i capelli in un salone di Sarajevo e lì incontrare il giovane gestore di un hotel, amico a sua volta di un musicista che poi invita tutti alla reunion della sua band… (storia vera, la racconta a The Holborn Mag Erin Spens, una delle editor di Boat).

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