L’artigianalità—in tutte le sue forme, dalla moda all’editoria, dal design alla cucina—è da tempo sotto i riflettori dei media. Sopratutto di quelli digitali che, intrinsecamente obbligati all’impalpabilità e all’assenza di peso, provano forse una sorta di invidia per tutto ciò che è materia, che ha dimensione tattile e, possibilmente, imperfezioni che mettano alla prova il senso che—assieme all’olfatto—viene completamente tagliato fuori dal mondo fatto di bit del web: il tatto. L’espiazione per questa malcelata gelosia “corporale” prende dunque la forma di un’attenzione forse esagerata per tutto ciò che è fatto a mano, autoprodotto; per ciò che si sgancia dalla dimensione industriale per entrare in quella, più rassicurante e umana, del laboratorio e dell’officina, magari allestiti in casa.
Anche da queste parti, qui su Frizzifrizzi, non siamo certo da meno. Con occhi e orecchi ben aperti per captare ogni segnale, abbiamo sempre cercato di tenerci alla larga dal rischio di diventare una sorta di megafono di scene, nicchie, cricche, giri, localismi e amici di amici. Ma sarebbe ipocrita dire che noi “le mode” non le seguiamo. Pur provando a non essere mai scontati, siamo comunque nati per questo: segnalare progetti, idee, eventi, prodotti interessanti. E quel che c’è là fuori, oltre lo schermo, finisce per intrecciarsi inevitabilmente con le mode. E l’autoproduzione, soprattutto in campo editoriale, non è mai stata forse tanto di moda come oggi. Noi, coscienti del fatto che i riflettori illuminano ma se puntati troppo a lungo possono rischiare di bruciare, proviamo a fare una selezione—soggettiva, come lo sono tutte le scelte che non si basano su parametri razionali, misurabili—di quel che vale la pena scoprire, vedere, approfondire, acquistare, visitare.

Tedesco, classe 1972, Ruckhäberle è considerato fin dai primi anni ’00 uno degli artisti più promettenti della sua generazione. Il suo marchio di fabbrica è uno stile che sembra la sintesi delle avanguardie del ‘900, tra prospettive cubiste, sfondi surreali ed atmosfere espressioniste.
Mentre i soggetti, principalmente maschere e totem che citano l’arte folk ed il primitivismo, oltre che dal punto di vista estetico vanno visti anche sotto una luce antropologica, in quanto ispirati a culture esotiche come quelle orientali e africane ma anche come stereotipi esageratamente teatrali (dalle espressioni dei volti, alle proporzioni dei corpi passando per tutto ciò che c’è attorno, tra sfondi monocromatici o pattern piatti come una scenografia) della società contemporanea.
La mostra, curata da Augusto Maurandi, Lucia Veronesi e Saul Marcadent ed ospitata presso lo Spazio Punch di Venezia, oltre alle opere di Ruckhäberle, presenta anche una selezione di pubblicazioni edite da Lubok Verlag, casa editrice indipendente fondata nel 2007 dall’artista tedesco insieme al tipografo e graphic designer Thomas Siemon.
Racconta Ruckhäberle: «Nel 2005 ho incontrato il tipografo e graphic designer Thomas Siemon, che al tempo dirigeva una tipografia, producendo piccole edizioni di poesia.
Ha iniziato a stampare le mie incisioni su linoleum e, dopo alcune sperimentazioni, abbiamo sviluppato la nostra collaborazione in due direzioni: da un lato abbiamo realizzato stampe sempre più grandi, come quelle in mostra da Spazio Punch; dall’altra, abbiamo tentato di dare a queste incisioni su linoleum la forma di un libro. Ho prodotto il primo catalogo nel 2007 ed ero talmente entusiasta del processo e del risultato che, immediatamente, ho invitato qualche amico a collaborare ad un libro più grande. E questo è stato il primo Lubok».
QUANDO: 13 aprile – 5 maggio 2013
OPENING: 12 aprile | 18,00
DOVE: Spazio Punch | Giudecca 800/o, Venezia | mappa







