Mono Baseman

Tra gli esponenti più rappresentativi del cosiddetto movimento lowbrow e/o del pop-surrealism (i due termini sono spesso usati come sinonimi), Gary Baseman ha però coniato quella che è forse la definizione migliore per le opere di tutti gli artisti pop che, come lui, lavorano contemporaneamente sul doppio binario commerciale/indipendente, riempiendo gallerie e musei ma allo stesso tempo arrivando nei negozi sotto forma di toys, gadget e simili: pervasive art.

Pur “pervasiva”, però, l’arte di Baseman riesce a rimanere coerente anche attraverso medium, contesti, fasce di pubblico molto differenti tra loro.
E’ un mondo, quello che esce dai suoi lavori, che nonostante sia riempito di particolari cruenti, violenza, atmosfere morbose e temi tabù, mantiene una sua compattezza ed armonia.
Il mondo di Baseman è uno e uno solo, del quale l’artista ci mostra di volta in volta — nei musei come in librerie, nei video come in qualche oggetto per decorare la casa — scene differenti e angoli inediti, mettendo in scena uno “slittamento” sulla strada della rassicurante dimensione fiabesca alla quale ci hanno abituati/assuefatti i film animati (su tutti quelli Disney, azienda con la quale Baseman tra l’altro ha anche lavorato).

Nelle sue opere l’artista americano dipinge un universo che deriva e allo stesso tempo porta alla deriva un immaginario che da qualche parte, nel nostro cervello di consumatori di storie e di rappresentazioni di storie, vive di vita propria nutrendosi di tutti i se e i ma che fin da bambini formuliamo, a partire già dalla prima fiaba che la voce tranquilla di un adulto ci legge per farci addormentare.

Dunque guardare un’opera di Baseman è un po’ come entrare in contatto con una versione “contraffatta” non delle favole o dei film ma delle nostre rispettive trasposizioni di tali favole e film che in quell’angolino di cervello abbiamo conservato.
“Questo mi è familiare, eppure c’è qualcosa che non va”, è il pensiero inconscio davanti ai disegni, ai quadri, ai video o alle illustrazioni dell’artista americano. Quel “qualcosa che non va”, proprio perché familiare, è la la scintilla che accende la miccia.

A chi lo conosce bene o a chi lo scopre solo ora e volesse intraprendere un viaggio totale sul pianeta-Baseman consiglio la monografia, uscita da poche settimane, edita da 279 Editions ed intitolata Mono Baseman.
Un volume di 304 pagine in doppia lingua italiano/inglese curato dal fondatore della casa editrice, Franco Cervi, e accompagnato dai testi del grande ed instancabile Ferruccio Giromini, artista, giornalista, curatore, collaboratore di un numero imprecisato di testate e consulente artistico per numerosi festival. La prefazione è di Shana Nys Dambrot, giornalista e curatrice californiana.

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