Pitti83 | Studiopretzel

Emiliano Laszlo, designer e fondatore di Studiopretzel, sembra un leone in gabbia nel suo piccolo stand del Pitti. Partito neanche due anni fa con una collezione di appena due pezzi — camicia e t-shirt — ed allargandosi pian piano, prima con una capsule di camicie-kimono, camicie con colletto alla koreana e bermuda poi, l’estate scorsa, con il primo vero total-look; per la prossima stagione invernale (2013/14) Emiliano ha lavorato sodo, ampliando ancora l’offerta, allargando il raggio, alzando il tiro… Insomma, dubito che per la prossima edizione della fiera fiorentina Studiopretzel riuscirà a stare nella metratura pensata per i piccoli marchi e gli esordienti, anche perché lo sguardo di Emiliano è quello di chi ha dovuto trattenersi, giocar di sottrazioni e convincere il suo estro a contenersi e a prendere lo slancio per i prossimi, decisivi passi.

La cosa incredibile è che però, nonostante sia chiaro che Mr. Laszlo abbia ben altri assi nella manica (larga) da mostrare al mondo, la collezione sia tra le più interessanti viste al Pitti e prosegue idealmente il viaggio verso oriente del designer — che tra l’altro mi accoglie con una splendida camicia-tunica degna di un santone; e a me scappa pure un “maestro”.

L’ispirazione arriva dai samurai e dai loro costumi: fatti di strati, di sovrapposizioni di tessuti, colori, textures.
Emiliano ha fatto ricerca sulle foto e le opere d’arte d’epoca, in particolare sulle opere di Utagawa Hiroshige, uno dei più celebri artisti giapponesi dell’800, contemporaneo di quel Hokusai che i profani ricorderanno soprattutto per la celebre onda rampante.
«In quelle foto e in quei disegni» dice Laszlo «c’erano cotte di maglia, para-cosce per le frecce, il kimono, la cintura… Ho scelto dunque delle lane – per gilet, maglioni e maglie – che ricordassero proprio la cotta di maglia e addirittura (per quanto riguarda in capi sul rosso) del sangue».

L’idea è quella di sovrapporre volumi e consistenze differenti: una polo misto-cashmere, leggera ma caldissima, da indossare sopra ad una camicia bianca, semplice, realizzata in tessuto paracadute. Sotto: un paio di leggings, sempre in misto-cashmere, da portare magari insieme ad un bermuda, con tanto di laccio che s’incrocia e si chiude dietro, come un grembiule. Sopra: uno dei densissimi capispalla, magari un kimono realizzato pure in misto-cashmere o (ancora meglio) in lana impermeabile, prodotta da un lanificio di Prato — tutta la produzione del marchio toscano è praticamente a km-0, tra Firenze, Prato e Pontassieve — che fa lane anti-goccia «con un velo di poliestere interno che conferisce impermeabilità ed una forma più squadrata» spiega Emiliano.

Completano la collezione i maglioni con maniche tipo camicia, la giacca-camicia da lavoro, le camicie in denim (pesante: 11 once) e la camicia-tunica (credo non ci sia bisogno di sottolineare la predilezione di Emiliano Laslo per il “capo camicia”).
Per riassumere: alta qualità, volumi morbidi, leggerezza e densità.
Bravo Emiliano. Anzi, bravo maestro.

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