Notti passate a cercare ispirazioni nei fondi dei bicchieri, ad invocare muse, a tirar giù madonne, a passar col lumicino nei recessi oscuri di quell’organo spugnoso a forma di noce che ti fa dannare, giusto per tirar fuori qualche verso da scribacchiar su carta o su un impietoso schermo (il vuoto del bianco luminoso, si sa, è più vuoto di quello di un foglio, che almeno attorno ha tutto un mondo vero per distrarti al posto di icone che rimbalzano, mail che arrivano, gente che chiacchiera sui social…) e poi esce fuori che basta Google per far poesia?
La notizia è di qualche giorno fa, ed è il classico uovo di colombo: i suggerimenti del motore di ricerca sono spesso assurdi quanto le richieste degli utenti con le quali quei suggerimenti sono “costruiti” e tali frasi, assurde e surreali, sono poesia ready-made, raccolta in un blog chiamato Google Poetics, creato da due finlandesi, Sampsa Nuotio e Raisa Omaheimo.
La notizia di oggi è che c’è pure la versione italiana – subito approntata da un certo, velocissimo Valerio Ceccolini: Google Poetica.
Visto che prima o poi tutti ci siamo imbattuti in roba assurda in quel minimale rettangolo da riempire di parole per conoscere la soluzione ad ogni problema – perché le ascelle puzzano, come allungare il proprio pene, dov’è la pizzeria da asporto più vicina – il sito è aperto alle submissions degli utenti.
E pure io ho provato a divertirmi un po’.
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