7am | Stefano Arici

7 opere e 7 domande, alle 7 di mattina, ad illustratori che si svegliano presto o non sono ancora andati a dormire.
Oggi è la volta di Stefano Arici.

Ciao Stefano, di dove sei, quanti anni hai e da quanto fai l’illustratore?
Ciao, sono nato a Brescia, ridente cittadina industrializzata, ben 35 anni fa in una tiepida mattina di Aprile.
Ad essere sincero, non faccio l’illustratore.
Sono impiegato presso una piccola officina meccanica ed il mio ruolo viene comunemente indicato con factotum.
Tuttavia, siccome sono ariete e bello testardo, non dispero di digi-evolvermi in un illustratore a tempo pieno.
La strada è lunga e non scevra di pericoli.
Se dovessi, comunque, indicare delle coordinate spaziotemporali, direi che la mia passione per il mondo della illustrazione è iniziata circa 4 anni fa.
Mi spronava la voglia di cambiare e fare del solito acquarello qualcosa di nuovo.
Era una sfida e mi sono buttato.

Matita o penna grafica?
Assolutamente Matita.
Sono nato negli anni 70, non esisteva internet, il Commodore 64 era un must e la suora dell’asilo mi faceva disegnare con i pastelli a cera perché alle povere matite distruggevo sempre la punta.
La matita è tutto, il suo profumo, il suo colore, il suo segno.
Mi piace percepire il suono della grafite che si sbriciola sulla carta, mi piace fare la punta appuntita (scusate il gioco di parole) e tutte le volte provo sul dito indice il suo essere puntuta.
Ho anche la penna grafica, tavoletta e tutto il necessaire ma non fa per me, la sento distante e senza “vita”.
Utilizzo questo strumento solo per fare degli schizzi, per buttare delle idee, almeno non consumo carta inutilmente.
Ammetto, comunque, l’importanza della evoluzione digitale sperando un giorno di poter seguire un corso (anche accelerato) sull’utilizzo di questo mezzo e chissà che io non diventi un mago del digital.
C’è sempre da imparare.

(piccola nota: quando ero piccino (scuole elementari) disegnavo case che poggiavano a terra con la punta del tetto ed il fumo del camino che saliva verso il cielo.
Ma solo le case però, tutto il resto (persone e cose) era dritto.
La maestra, preoccupata per questo mio anticonformismo, fece chiamare mia madre asserendo l’importanza di portarmi da uno psicologo infantile… forse ero pazzo e non lo avevano capito.
Una volta visitato, lo psicologo disse di non preoccuparsi, si trattava della temutissima “sindrome da fantasia”.
Non ero contagioso, non ero pazzo ma solo un po’ più fantasioso degli altri bimbi.
Ho continuato a disegnare case all’in giù… ecco).

Cosa fai quando non disegni?
Beh, quando non disegno o sono in ufficio oppure seguo il mio piccolo bimbo Paolo.
Ultimamente trovare un momento per disegnare non è facile, sfrutto i ritagli di tempo.
Non sono un bravo lettore, solo quello che mi interessa mi affascina altrimenti… penso alla vita.
Adoro fare shopping nelle librerie specializzate per ragazzi.

Cosa c’è sulla tua scrivania?
Ecco, qui devo fare una precisazione.
Non ho una scrivania e neppure un luogo dove disegnare in santa pace.
Per motivi di spazio disegno sul tavolo della cucina, la sera, dopo mangiato.
Sparecchio, allestisco il mio “posto di lavoro” e finché la mente regge si disegna.
Finito tutto, “sparecchio” e me ne vado a letto.
Alla fin fine sulla “mia scrivania” non c’è nulla, si passa dai piatti e posate alle matite e acquarelli.
Sono un trasformista.

Un disegno pesa quanto…
… pesa quanto? Tanto, tantissimo, forse troppo. Illustrare non vuol dire solo disegnare; significa studiare, pensare, ricercare, documentarsi, provare e soprattutto avere a che fare con il blocco da foglio bianco.
Un disegno pesa molto, pesa in termini di tempo, di attenzione e di idee, eppure quando è finito risulta essere tutto lieve anche la fatica.

Un libro di cui vorresti illustrare la copertina e un film di cui vorresti fare il poster.
Un libro: Alice nel Paese delle Meraviglie.
Un film: La Strada.

Un illustratore o un’illustratrice che mi consiglieresti?
Ora non vorrei sembrare esoso ma devo proporti 3 nomi: Andrea EchornPaolo (Immaginario) CattaneoGianluca Garofalo.

Un messaggio

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