Save the date | Americana

Oliver Sacks, il neurologo di Risvegli (interpretato nell’omonimo film da Robin Williams) parla di “reminiscenza forzata” come di un fenomeno, tipico dell’epilessia e dell’aura (sintomo allucinatorio che precede/annuncia l’arrivo di un attacco di emicrania, intesa come malattia, non un semplice mal di testa) e che si sviluppa come un breve attacco, accompagnato da nausea e spesso vomito, durante il quale entri in maniera iper-realistica, tramite allucinazioni visive, uditive, olfattive, dentro ad una scena stereotipata che come tale funziona esattamente allo stesso modo di un déjà vu: ti pare di averla già vissuta e quando, immerso con tutte le scarpe in quello strano, spaventoso, doloroso sdoppiamento di personalità, provi a capire se e quando – nella vita reale o in quella onirica – sei stato effettivamente in quel mondo, le visioni scompaiono, lasciandoti con il fantasma di un ricordo dai contorni indefiniti ed un senso di vuoto e spossatezza assoluti. Il fenomeno lo conosco bene: ce l’ho da quindici anni e in tutto questo tempo sono andato e tornato da un’infinità di mondi, innescati da una luce che sbatte in maniera familiare su un palazzo o da un altrettanto familiare odore che ti sorprende per strada, o ancora da un movimento “stereotipato” come quello del buttare la bustina di zucchero nel cestino del bar, quando prendi un caffè. Un piccolo inferno personale col quale non impari mai del tutto a convivere ma che quando si prende una pausa e ti lascia in pace per mesi o anni ti manca come quel-tuo-speciale-mondo-di-sogno.

Un viaggio negli Stati Uniti, tra tutti quelli che potranno capitarti di fare nella vita, credo sia quello chi sia avvicini di più ad una reminiscenza forzata. Senza le nausee, ovviamente. E con falsi déjà vu molto più lunghi, dovuti al fatto di avere già preconfezionata nella propria testolina un’immagine ben definita quanto stereotipata della cultura, dei paesaggi, delle luci e delle zone d’ombra, della gente e della sua way of life, ben più di quanto tu non possa essertene costruita una riguardo a qualsiasi altro Paese del mondo.
Per colpa/merito dei film, dei programmi tv, dei libri e del web hai indirettamente vissuto la cultura americana fin quasi a sentirla tua – più familiare di un qualsiasi “luogo esotico” italiano, come potrebbero esserlo per me la Basilicata o la Valle d’Aosta e per te le Marche ed il Molise – e ritrovandoti poi, sul posto, a provare sulla pelle un disorientante sfasamento tra idea e realtà, un perdere la bussola che ha la potenzialità di farti vedere le cose da un punto di vista privilegiato, quello di chi esce dalla Caverna di Platone e si avventura in un mondo che fino a quel momento ha visto soltanto in 2D.

Punta di vista privilegiato come quello di Sha Ribeiro, Giulia Mazza e Matteo Musci, tre fotografi che l’America l’hanno vissuta – Ribeiro sulla East Coast, Mazza con la sua band A Classic Education della quale è tastierista, Musci vive tutt’ora a San Francisco – e raccontata attraverso le immagini, ora raccolte in una mostra organizzata da Galleria Disastro (alla sua prima puntata nel mondo della fotografia) per fare il punto sulla nostra visione reminiscenza forzata di America.

QUANDO: 8 – 20 maggio 2012
OPENING: 8 maggio | dalle 19,00
DOVE: Spazio Nastro Say Yes | via Corsico 3, Milano | mappa | fb

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