Brand Spirit: la forma della sostanza

La dittatura del mercato si esprime attraverso la varietà, potenzialmente infinita, dei prodotti. Il contenuto, subordinato al contenitore, perde di significato e la confezione – che nasconde o esibisce, omette o sottolinea, distorce o spiega – diventa simbolo (anche sociale), messaggio (anche politico), sottotesto che non parla solo della materia che contiene, dell’azienda che l’ha prodotta, degli usi che puoi farne (consigliando, avvertendo, vietando) ma parla soprattutto di te, di chi sei e di che ruolo hai nella società (in base a quel che vuoi/puoi comprare): ogni oggetto – moneta compresa, prodotta da un’azienda (lo Stato), con tanto di contenuto (una parte del tuo potere d’acquisto: ricevuto in cambio, ritirato in banca, trovato per terra, rubato) e contenitore (la moneta stessa) – è il tuo specchio e dice che lavoro fai e come vivi, se ti lavi e di cosa sei allergico, se sei depresso o ammalato, come fai sesso e – con un buon margine di sicurezza – quanto ti resta da campare.

Ma che succede se riduciamo il contenitore al grado zero, depurandolo di ogni orpello, di ogni sottinteso, esaltandone la pura e semplice forma, semplicemente dipingendolo di un semplice, neutralissimo bianco?
Visivamente il risultato è di sicuro interessante ma dal lato concettuale lo è ancora di più perché è molteplice: là dove la forma coincide con la sostanza vedrai solo un rotolo di scotch dipinto di bianco; in altri casi (Tabasco, Kleenex, bustina di ketchup) senza una didascalia ti troveresti disorientato; altre volte (la moneta) il risultato è più complesso e innesca un corto-circuito semiologico (la riconoscibilità dell’oggetto è intatta ma la trasformazione ne mette in crisi la simbologia).
Senza considerare le vere e proprie icone (bottiglia della Coca-Cola, flacone di Chanel N°5, cubo di Rubik, per fare qualche esempio, ma in maniera minore questo vale anche per lo Zippo) ed il messaggio emotivo/storico che si portano dietro e che probabilmente diventeranno presto “vittime” del progetto Brand Spirit, lanciato da un anonimo creativo di un’agenzia di branding e design forse – azzardo – proprio per depurarsi del suo lavoro.

Il progetto consiste nel dipingere ogni giorno, per 100 giorni, un oggetto che il creativo in questione ha in casa, che trova per strada o che gli viene regalato da un amico.
Per ora siamo solo agli inizi anche se mi viene il dubbio che forse, l’ultimo “oggetto” dei 100 programmati, potrebbe pure essere lui stesso.

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