Ultimamente va allargandosi nell’offerta dei magazines indipendenti una nicchia di riviste dedicate allo sport che trascendono (lasciandoli più che volentieri alla massa e distanziandosene nobilmente, più che snobisticamente) dalla chiacchiera, dalla polemica, dagli scoop sui colpi di mercato per concentrarsi sull’aspetto culturale, artistico o estetico del gioco e dell’atto atletico e sportivo (dimenticati, questi, dai quotidiani, dai settimanali e dalle trasmissioni tv i settore, forse per l’assuefazione del tifoso medio che può benissimo andarsi a giocare alla console partite molto più spettacolari di quelle reali e sfogare al fantacalcio le velleità da “se fossi io l’allenatore farei giocare” o “se avessi io 50 milioni comprerei…”).
Victory Journal va ad infilarsi proprio in quella nicchia (coperta pure, in libreria, da case editrici lungimiranti come ISBN e Minimum Fax). Anzi, visto che l’ho scoperto solo ora per vie più arzigogolate di un dribbling ma che il primo numero è uscito nell’estate dei famigerati Mondiali 2010, possiamo dire che Victory è arrivato tra i primi, insieme a The Green Soccer Journal (il numero 0 data giugno 2010).
Formato A3, ideato e prodotto dall’agenzia creativa Doubleday & Cartwright di Brooklyn, Victory è arrivato al terzo numero – che puoi acquistare qui – che sotto al titolo di For Love or Money ti prende per pano e ti porta all’ippodromo di Saratoga, New York, per poi tuffarsi tra le acque azzurre di Sète, in Francia, salire sui ring degli incontri di boxe degli anni ’80 e ’90 con le foto inedite di Cheryl Dunn, arrivare fin su le torri del World Trade Center e del celebre uomo sul filo, conoscere i Mets dell’86 e capire come funziona una giostra nautica (vedi copertina), fotografata dal reporter di guerra Christopher Anderson.