Qualche giorno fa ho ricevuto un pacco.
Niente bombe o polveri strane: non vivo vicino ad uffici della Equitalia e la banca più vicina è qualche decina di falcate di corsa saltellata da qui – qualcuna di più con la corsa con le ginocchia alzate o quella calciata dietro, con il prof. delle medie che ti segue e ti dà il ritmo battendo le mani – ma tanto non mi fanno mai entrare (e ogni volta mi chiedo: com’è che in aeroporto non “suono” mai e in banca sì; che poi il cassiere mi vede, mi squadra da capo a piedi, stringe gli occhi in una mimica che rende immediatamente l’idea di cosa stia pensando e mi lascia fuori: matematico; il giorno in cui dovesse venirmi in mente di fare una rapina credo che mi vestirò da pensionato: un gilet multitasca da pescatore farà al mio caso).
Nel pacco comunque c’erano un paio di Adidas ZX 750 (alla faccia tua, cassiere: chi vuoi che ti regali un paio di sneakers con quella faccia?), un poster-manifesto e una foto/videocamera ultraportatile, il tutto accompagnato da un sottotesto difficilmente equivocabile: mettiti le scarpe e muovi il culo e non provare a far finta di niente che qua poi vogliamo le prove.
Dovrò pensare al da farsi. Per ora, sommerso da mezzo metro di neve, ho un alibi.
Intanto, fermo sul posto (il prof. delle medie mi controlla), raccolgo informazioni dal retro del poster: so che le ZX 750 sono appena uscite nei negozi, che derivano dalle ZX 700, modello da corsa degli anni ’80, che quelle che mi hanno regalato sono quelle che mi piacciono di più tra le sette varianti disponibili (ce n’è pure per sua moglie, prof.) e soprattutto so che appena qua smette di nevicare mi toccherà correre. Anche se, a prenderlo alla lettera, l’invito dice semplicemente di muoversi ma credo che però battere le dita su di una tastiera non lo contino come movimento.
