The book is on the table | 1986

Credevo di vivere nel 2011, o almeno così mi avevano detto. Ma evidentemente mi sbagliavo. Siamo nel 1986 e per quel che ne so non ho ancora una rubrica domenicale di libri su Frizzifrizzi.
Il mio diario di Jonathan – Dimensione Avventura, sul quale segno tutto, ma proprio tutto, non ne parla.
Siamo ad aprile. Un giorno di sole, nel pulmino che mi porta a casa da scuola, dove la maestra ci ha spiegato come mai i genitori in questi giorni sono appiccicati davanti ai Tg e si sente sempre dire Libia, Libia, Libia.
Ci ha detto che la Libia è uno Stato, come l’Italia. Ci ha fatto vedere dov’è sulla cartina dietro alla lavagna. La Libia è lì, proprio sopra il deserto del Sahara. In Libia c’è il deserto del Sahara.
Mi immagino i cammelli, gli scorpioni, la sabbia, tutte le robe che ho visto su un libro che ho a casa: Lo sai com’è fatto il mondo?
Paola avrà capito? Quando Andrea gli ha chiesto dov’è l’Italia, durante la ricreazione, lei ha indicato la Jugoslavia.
Ma Reagan, dov’è la Libia lo sa.

A fine marzo gli Stati Uniti bombardano la Libia.
La Libia ha la forma di un cuore un po’ storto, o di un cono gelato che sta per cadere.
Il 15 aprile Gheddafi lancia un missile contro Lampedusa.
Gheddafi assomiglia a mio nonno Dalmo, che è morto tre anni fa, ma mio nonno non si vestiva come lui. Ho visto entrambi in faccia molto poco. Gheddafi alla tv. Mio nonno la domenica mattina quando andavo da lui in retromarcia, perché i suoi occhi mi mettevano a disagio e lui era sempre a letto, a prendere le 1000 lire di paghetta.

Sono sul pulmino e oggi guida Terzo, che quando sente troppa confusione frena a secco e ci fa sbattere tutti sul sedile davanti. Se cadi lungo il corridoio significa che non sei seduto composto.
Però Terzo, che assomiglia a Gargamella, è più simpatico di Aldo, che parla poco ma quando urla diventa paonazzo e la sua voce sembra quella di un cavallo.
E anche di Vincenzo, che ha uno strano accento, e vedi sempre il suo sguardo dallo specchietto e ce l’ha in particolare con le femmine che parlano. E sempre dallo specchietto indica la colpevole e dice: “Tu, gon la cod’ di cavall’. Vien’avandi”.
E se vai davanti hai finito di chiacchierare e diventi tutto rosso.

Sono seduto in fondo tra quelli più grandi. Il realtà il pulmino non mi porta a casa ma alla Faima, che è la fabbrica di mio nonno, anche se ora è di mio padre. Più o meno. Me l’ha spiegato, lui, che lavoro fa, quando gliel’ho chiesto per il questionario che ci aveva dato la maestra, però non ho capito bene. Mio padre fa sempre il simpatico quando c’è da rispondere ai questionari della maestra.
Una volta la domanda era: “Fai o faresti parte di qualche associazione?”. Risposta: “Sì, tranne che a delinquere”. A me non faceva ridere e nemmeno ai miei compagni di classe. Che poi nessuno sapeva cosa significava questo delinquere. Però la maestra, anche se non ha proprio riso, ha fatto quella faccia che fa anche quando Giacomo, che arriva tardi tutte le mattine, si scusa per il ritardo ogni volta con un motivo diverso.
Nell’ufficio di mio padre c’è una cartina magnetica gigantesca e tanti puntini rossi, bianchi, neri e blu da appiccicarci sopra. Io glieli sposto sempre. Oggi li metterò sulla Libia. La bombarderò di puntini magnetici rossi e neri.

Sono seduto in fondo e c’è “Lanaro” che dice che Gheddafi manderà gli aerei anche sopra al nostro paese e ci bombarderà.
Lanaro è grande e grosso e quindi non sembra mai avere paura. Ha le sopracciglia lunghissime. Ogni tanto mena qualcuno ma mi sta simpatico.
La “sorella de Possedò” lo guarda come solo una tosta come lei, rossa come lei e lentigginosa come lei guarderebbe il più grosso idiota del mondo che ha appena detto la più grossa cazzata del mondo.
Dice: “Seeee. L’America è sotto l’ala nostra. Non ce tocca nisciuno a noi.”
Che significa essere sull’ala di qualcuno? Parliamo di aerei? Uccelli? Che c’entra con la Libia? E Gheddafi è davvero cattivo, se somiglia a mio nonno? Forse sarei a disagio anche con lui.
Però “la Possedona” mi rassicura. E intanto Lanaro scende perché è arrivato quindi la cosa finisce lì.
Ma siamo bambini, e per la prima volta sentiamo quella strana sensazione che ti mettono addosso i grandi quando si agitano anche loro.
Mia madre dice che si chiama “tensione”. E mio padre dice che “sotto l’ala” non significa niente e che me lo spiega lui che sta succedendo. Durante la pubblicità tra un tg e l’altro.

Di lì a poco (26 aprile) ci sarà il disastro di Chernobyl che, oltre a quello radioattivo, scopre per la prima volta il nocciolo fatto di paura delle mamme di mezza Italia, alle prese con il terrore invisibile, qualcosa che neppure loro possono controllare: le radiazioni.
Ma intanto stasera c’è Jonathan in tv. C’è Ambrogio Fogar. Mi metto in cucina, mentre babbo e mamma stanno in sala a vedere Santoro.
Adoro avere il telecomando tutto per me. Fino alle 21,30, ché poi dopo si va a letto.
E arriva la tensione.

http://www.youtube.com/watch?v=Rj1YPhUdx_4

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