The book is on the table | La vita è un’altra storia

LA VITA E’ UN’ALTRA STORIA
di John Barth
Minimum Fax 2010 | Amazon

Andrew Van Kramer, neurologo dell’università del South Carolina con la passione per la letteratura si mise a studiare la relazione tra il fattore “sguardo” e la cosiddetta profondità di un libro.
Scoprì – com’era ovvio, ma qualcuno doveva pur provare a dimostrarlo scientificamente – che più un romanzo esce fuori da quello che pensavi fosse (o l’autore ti aveva illuso fosse) il seminato della storia e più ti ritrovi a sollevare lo sguardo dalla pagina e a perderti nei tuoi pensieri, partendo per la tangente, utilizzando la storia come rampa di decollo per un viaggio – di breve durata o lungo quanto un volo intercontinentale – tutto tuo.
Van Kramer utilizzò anche delle cavie, sottoponendole ad analisi PET (tomografia cerebrale ad emissione di positroni) e scoprendo che nel momento in cui queste alzavano gli occhi dal testo, oltre alle aree cerebrali solitamente attivate dalle lettura (lobo occipitale – area deputata alla visione – e successivamente temporale e frontale sinistro – quelle del linguaggio) si attivavano anche quelle legate alla memoria e, qui sta la sua scoperta, persino l’ippocampo ovvero lì dove ognuno di noi crea una relazione tra passato, presente e futuro.

La comunità scientifica, però, rifiutò lo studio (a dirla tutta Van Kramer diventò persino oggetto di diverse storielle divertenti ma assai poco lusinghiere nei suoi confronti) contestando al neurologo l’assoluta assenza di metodo scientifico.
Il campione di volontari – perlopiù studenti universitari più qualche collega del professore – era troppo piccolo per poter essere considerato anche minimamente rappresentativo. Poi – altra contestazione – c’era un grosso, enorme errore di fondo nella ricerca di Van Kramer: “Definisci profondità” era diventato l’incipit di una delle storielle di cui sopra, con varianti che ormai erano sfuggite ad ogni controllo e possibilità di catalogazione.
Ma l’obiezione maggiore riguardava la quantità e la qualità dei testi utilizzati per lo studio. Erano appena due, ovvero: un giallo di Agatha Christie ed un libro di racconti di John Barth, padre della letteratura post-moderna, molto celebre negli USA ma purtroppo ancora quasi sconosciuto qui da noi.

Della Christie aveva scelto Assassinio sull’Orient Express (omaggio che Van Kramer, ormai vedovo all’epoca del suo studio, aveva fatto a sua moglie, grande ammiratrice della celebre giallista inglese), un giallo a basso tasso di sollevamento sguardo, con la trama che ti prende e la testa giù tra le pagine fino alla fine.
Come libro profondo – ed era soprattutto questo che la comunità scientifica non perdonò mai a Van Kramer – il neurologo scelse La vita è un’altra storia di Barth. Perché, scrisse Van Kramer nel suo studio, in uno dei passi più poetici (oltre ovviamente a quello in cui ricordava la defunta Sig.ra Van Kramer), poche volte mi è capitato di vivere una tale astrazione dal testo come nei racconti di Barth: diventare, come lettore, un personaggio della storia e vedermi allo stesso tempo raccontato e letto da me stesso […]

Ora, da non scienziato, sento un moto di compassione per il povero neurologo, prima sbeffeggiato (le barzellette che raccontavano su di lui ve le risparmio) poi dimenticato e vorrei, visto che ne ho l’occasione grazie a questo spazio, dare una mano e provare a riabilitare il suo bistrattato ma nonostante questo interessantissimo studio.
Voi che mi leggete siete, immagino (spero!) molti di più rispetto agli studentelli che prestarono occhi e cervello al loro professore quindi perché non proviamo a ripetere l’esperimento? Dopotutto siamo, tutti assieme, un campione certamente molto più rappresentativo rispetto a quello del test originale.
Facciamolo, dunque. Lo considero come un favore personale e soprattutto come un omaggio da parte di noi tutti ad un uomo di scienza (e, perché no, di lettere) che ha messo, anche se ingenuamente, sul piatto carriera e credibilità per dimostrare scientificamente ciò che milioni di lettori, ogni giorno, possono benissimo sperimentare personalmente.

Quindi – ecco le istruzioni – compratevi i due libri, se non li avete già. Prendetevi un po’ di tempo libero, state a casa, chiedete delle ferie dal lavoro: di sicuro non vi faranno male.
Poi trovate un amico, dategli un quaderno, una penna ed un cronometro (vi consiglio di attrezzarvi prima perché una volta iniziato l’esperimento non vorrete di sicuro avere la scocciatura di dover fermare tutto, andare in cartoleria, ricominciare… e se poi decidete di iniziare di domenica? Tra l’altro io ho fatto così quindi ve lo consiglio) e chiedetegli di guardarvi bene (dimenticavo: staccate pc e tv, non vogliamo che qualcuno si distragga, no?) e di segnare sul quaderno numero e durata dei vostri sollevamenti di sguardo.
Pronti?

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