The book is on the table

INFINITE JEST
David Foster Wallace
Fandango Libri 2000 | Amazon

I libri sono creature con una vita propria. Passiamo la vita ad accumularli o a evitarli ma di solito, al momento giusto, si fanno trovare lì. Pronti per essere aperti, letti, vissuti, messi via. E ti lasciano addosso una gran felicità, o l’amaro in bocca; ti fanno incazzare, a volte, oppure ti fanno versare più lacrime di quante pensavi di averne. Possono essere noiosi e farti scappar via sbattendo la porta prima di essere arrivato alla fine. O diventare come una di quelle amanti che prendi, lasci, poi torni. Sono comunque relazioni a termine. Contratti a progetto.

E come una relazione, trovarne una che lascia il segno, che ti ribalta tutto, dentro, senza possibilità di tornare indietro, non è cosa da tutti i giorni.
Io sono stato fortunato, perché prima ho incontrato il libro, che con l’implacabilità di un cecchino e la potenza di un aereo-bomba mi ha raso al suolo, distrutto in tanti piccoli pezzi e poi mi ha dato la forza di ricostruire. Una ricostruzione dai tempi lunghi, tipo appalto pubblico, ma essenziale per preparare l’arrivo della persona giusta – mi gioco l’ultima scatola di neuroni, che lo è – con cui poi ho fatto una figlia.

Ma a differenza di un(‘) amante, se un libro ti è piaciuto poi lo consigli agli amici. Sempre che ti ascoltino.
Perché questo libro l’ho consigliato ad ormai non so più quante persone e posso dire con certezza che nessuno di loro alla fine lo ha letto.
Tranne qualcuno che almeno ci ha provato e qualche decina di pagine tra le dita gli sono almeno passate, per il resto i potenziali nuovi membri della setta Infinite Jest hanno lasciato i loro buoni propositi di amici/lettori addirittura sugli scaffali delle librerie: un’occhiata alle dimensioni (più di 1400 pagine), al numero di note (che occupano ben 125 pagine, alla fine del libro – e il doppio segnalibro è ben più di un semplice optional – con storie che nascono e muoiono lì, parentesi di parentesi di parentesi, note alle note, digressioni matematiche, mini-saggi sul tennis, addirittura una filmografia da cinema sperimentale inventata di sana pianta…), allo stile che già dalle prime pagine riesci ad intuire come possibile causa della distruzione dell’universo nel caso tu, sventurato lettore, non dovessi più riuscire a capire quante pagine prima è iniziata la frase che stai leggendo, qual era il soggetto, dov’è il dito che fino a poco fa tenevi sulla nota numero 63 (te l’avevo detto di prendere due segnalibri!).

Così la lista di quelli che avrebbero potuto ma non l’hanno fatto si allunga. E via ad accampare scuse: non è un capolavoro ma puro esercizio di stile; la paranoia di uno che aveva grossi problemi; un’enorme sega mentale che può piacere solo ai saccentoni; roba da nerd; è troppo freddo.
E come è del tutto inutile consigliare a qualcuno Infinite Jest è anche praticamente impossibile opporsi alle opinioni e ai pregiudizi altrui. L’unica cosa che posso raccontare, è quello che è stato per me.
Senza comunque diventare mai oggetto sacro – i libri non dovrebbero esserlo mai – tanto che negli anni ci ho chiuso porte, schiacciato foglie secche, minacciato gatti disobbedienti… (dopotutto, per massa, è anche un vero e proprio utensile, indispensabile in casa), Infinite Jest – letto proprio in questo periodo, dieci anni fa – è il romanzo che salverei dalla casa in fiamme, che porterei con me sull’isola deserta, che tatuerei su tutto il mio corpo, se solo ci fosse abbastanza spazio, che non vorrei aver letto solo per il gusto di farlo ora come fosse la prima volta.

Immaginatevi una stanzetta anonima, le sedie disposte in circolo, poster motivazionali alle pareti, odore di sigaretta, sguardi bassi: una sorta di Alcolisti Anonimi dove però ci sono solo lettori di Infinite Jest. E ognuno, a turno, confessa la sua dipendenza e l’effetto che ha avuto nella propria vita.

Quando è il mio turno mi alzo e confesso di essere (stato, spero) una merda totale. Incapace di esprimere emozioni, empatico quanto uno scendiletto, completamente assorbito nel suo lungo spleen adolescenziale ed autoreferenziale, una scia di autocompatimento, alcool come se piovesse, stordimento 24h/24, assoluta incapacità di programmare&gestire anche il minimo concetto etichettabile come “cosa vuoi fare da grande?”. Il “da grande” non esisteva: era sostituito da un infinito presente, affannosamente inseguito e artificialmente “ricostruito” con l’aiuto della chimica (che poi ha presentato il conto anni dopo), racchiuso in una scatoletta che fino a quando aveva scritto sopra “adolescenza nel paesello” cercavo di rendere il più impresentabile possibile e quando poi è stata sostituita da quella “studente a Bologna” l’ho ripulita, ci ho attaccato sopra qualche adesivo alternativo, racconti divertenti e abbigliamento da Montagnola per far credere che la mia fosse una scatoletta interessante/divertente, quando in realtà era una specie di ripostiglio senza finestre. Dentro, insieme a me, una lunga relazione che ho trasformato da una splendida amicizia in qualcosa (o meglio qualcuno) da incolpare per il fatto di trovarmi in quella trappola che avevo costruito – unica cosa portata a termine nella mia vita fino ad allora – con tanta fanatica precisione.
Poi mi siedo ed è il turno di quello seduto accanto a me. Che potresti essere tu.

co-fondatore e direttore
Mostra Commenti (2)
  1. è nella mia wishlist volevo leggere prima "Scopa del sistema" per capire lo stile dell'autore, ma vedremo…

    in ogni caso ci risentiamo, prossimo anno con la speranza e la determinazione di riuscirlo a leggerlo entro il prossimo capodanno

  2. Molto bello anche La scopa del sistema però in effetti tra i due non c'è storia.

    Io ti consiglio di iniziare direttamente da Infinite Jest, come ho fatto io, poi di passare al resto.

    La lunghezza non deve spaventare, anche se lungo e per certi punti di vista complesso, IJ se superi le prime 150 pagine vuol dire che sei dentro.

    E se sei dentro lo leggi in un attimo.

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