7am | Bruno Colajanni

7 foto e 7 domande, alle 7 di mattina, a fotografi che si svegliano presto o non sono ancora andati a dormire.
Oggi è la volta di Bruno Colajanni.

Ciao Bruno, quanti anni hai, di dove sei e da quanto scatti foto?
Ho 31 anni e Palermo è la mia bellissima città, ma ora vivo a Berlino. Scatto foto da 12 anni circa. Da ragazzino realizzavo dei veri e propri mini book estivi per una mia cara amica!

La tua attrezzatura?
Fotocamere soprattutto pratiche che assecondino i miei raptus. Di recente una Canon 500 D, ma non disprezzo le Sony o le compatte Olympus.

Cosa fai quando non fai foto?
Faccio ciò che poi nutre la mia voglia di fare foto: disegno, ascolto tantissima musica e mi dedico ad altri progetti, come l’insegnamento dell’italiano agli stranieri dal momento che la mia laurea è in lingue.

Descrivimi la tua stanza.
Da quando vivo all’estero la mia realtà è sdoppiata, e così anche i miei spazi. La stanza attuale ha due bellissime finestre che danno su un cortile dove troneggia un platano giallo ed immenso. Il pavimento è in doghe di legno, in perfetto stile “Altbau” berlinese. Nella mia scrivania sono allineati diversi libri di grafica e fotografia, tante penne e alla parete bianca sono appese a mo’ di album di famiglia disegni dei vari componenti della famiglia dei Moomin. Vinili, cd e lampade sono sparsi alle mie spalle. In Italia, invece, è tutto l’opposto, la mia stanza ha le pareti scure, tutto è saturato di libri, cd, stampe: è il mio scrigno a cui faccio ritorno un paio di volte l’anno.

La tua macchina fotografica pesa quanto…
Pesa quanto il mio umore, per cui a volte è leggera e devo tenerla legata ad uno spago per non farla sparire tra le nuvole, altre volte può essere pesante e fa foto scure scure che non amano la luce.

Se il tuo immaginario fosse un film? O un libro?
Uhm… “Even if you walk and walk” di Hirokazu Kore-eda o “Zazie dans le métro” di Louis Malle. Per accontentare l’altro lato del mio carattere dovrei anche dire “Persona” di Bergman. Come libri che rispecchierebbero il mio immaginario citerei “Io sono un gatto” di Natsume Soseki o “Lo Scialle andaluso” di Elsa Morante.

Un fotografo/a che mi consigli di tener d’occhio?
Ultimamente mi sto interessando molto di fotografi nel settore dell’architettura. Apprezzo molto il lavoro di Yu ed Ichiro Ogata, promettono molto bene in questo settore.

Un messaggio

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